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Dal Governo francese un piano per ridurre del 50% entro il 2025 l’uso di pesticidi, con il sostegno delle aziende “pioniere” nella riduzione e l’appoggio dei distributori. Ma nella Francia dell’“affaire Giboulot”, il vecchio piano è fallito un anno fa

Ridurre del 50% entro il 2025 l’uso di pesticidi nel Paese: è l’obbiettivo del Piano presentato nei giorni scorsi dal Governo francese, come annunciato dal Ministro dell’Agricoltura, Stephane Le Foll, che punta da un lato sul sostegno alle strutture agricole “pioniere” nella riduzione dei prodotti fitosanitari, e dall’altro sull’appoggio dei distributori. Ma nella Francia salita alle cronache proprio per un “affaire” di agricoltura libera dai pesticidi - il caso, conclusosi in un nulla di fatto, del “bio-vigneron” dissidente Emmanuel Giboulot, diventato un simbolo per il mondo del vino al naturale, colpevole di non aver rispettato l’obbligo di trattare le sue vigne in Borgogna, con prodotti chimici, per prevenire la flavescenza dorata, come previsto dalla legge - nei mesi scorsi una commissione parlamentare ha dichiarato il sostanzale fallimento di un primo piano per ridurre l’uso dei pesticidi, lanciato nel 2008, riscontrando tra il 2009 e il 2013 un aumento dell’uso di questi prodotti del 9%.

Per quanto riguarda le strutture all’avanguardia, chiamate in francese “fermes Depy”, l’obiettivo del Piano francese è farle aumentare dalle attuali 2.000 a 3.000, e puntare a un “effetto macchia d’olio” sulle aziende agricole circostanti. Sul fronte della distribuzione, il Governo di Parigi intende attivare in modo sperimentale dei “certificati di riduzione dei prodotti fitosanitari”, che li obblighino a spingere per una “riduzione del 20% del numero di dosi utilizzate su cinque anni”, se non vogliono incappare in una penalità finanziaria. Ci saranno inoltre incentivi alla “vendita di servizi”, ovvero alla formazione degli agricoltori alle “tecniche alternative” per la lotta a malattie e parassiti. Il progetto non ha però convinto gli ecologisti. Numerose associazioni ne lodano lo spirito, ma sottolineano che “non fa ancora abbastanza” per ridurre l’uso di prodotti la cui pericolosità per l’ambiente e la salute umana è “comprovata”.

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