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DALL’IPERNUTRIZIONE AL COSTO SANITARIO FINO AI CATTIVI STILI DI VITA. E LE “DICHIARAZIONI DI GUERRA”, DALLA TASSA SUL JUNK FOOD ALL’EDUCAZIONE, FINO ALLA SOLUZIONE VEGETARIANA: IDEE CONTRO L’OBESITÀ DAL BARILLA CENTER FOR FOOD & NUTRITION

Dall’ipernutrizione di adulti e bambini al costo sanitario dell’obesità che è tra il 3% e il 5% del costo dell’intero Sistema Sanitario Nazionale, a cui un obeso costa il 25% in più, fino ai cattivi stili di vita e poi le proposte per “curare” questa piaga che affligge la società moderna, dalla tassa sul junk food, all’educazione alimentare, dalla partnership pubblico-privato per diffondere la dieta delle piccole porzioni e ricca di frutta e verdura ai test genetici, fino alla soluzione vegetariana e a un piano di restrizione calorica. Ecco i temi al centro del Forum del Barilla Center for Food and Nutrition di Milano, con l’oncologo dell’Istituto europeo dei tumori (Ieo) ed ex Ministro della Salute Umberto Veronesi, il direttore generale per la Salute e Protezione dei Consumatori della Commissione Europea Paola Testori Coggi, e l’esperto mondiale di diabetologia e professore all’Università di Miami (Usa) Camillo Ricordi tra gli altri.

“Nelle microfamiglie del secondo millennio - spiega Umberto Veronesi - i bambini sono sempre sovranutriti e questo è un problema da affrontare su larga scala perché se un bimbo accumula cellule adipose sarà un obeso da adulto. Sono contrario alla tassazione del junk food e a strumenti troppo pesanti di lotta all’obesità e auspico una campagna per la restrizione calorica che andrebbe intrapresa a partire dalle mense scolastiche. Dovremmo tutti diventare vegetariani - aggiunge l’oncologo - perché, secondo l’ultimo rapporto Oms, la carne consumata in misura massiva non fa bene alla salute e nei Paesi dove si predilige la dieta carnivora risulta più facile sviluppare tumori intestinali. Inoltre, come evidenziato dal modello della Doppia Piramide Barilla Center for Food and Nutrition, per produrre un kg di carne occorre consumare 10.000 litri di acqua e tale scelta alimentare costringe a uccidere gli animali, un’ingiusta ferocia. Un secolo fa - sottolinea Veronesi - eravamo 2 miliardi come popolazione mondiale. In 100 anni siamo diventati 7 miliardi. Il cibo per tutti c’é se non si debbono allevare 4 miliardi di animali nel mondo per soddisfare una piccola porzione del pianeta che ha abitudini carnivore. Purtroppo avere una epidemiologia genetica della popolazione è difficile e serve a poco per il controllo dell’obesità. Meglio incidere su cibi più leggeri e stili di vita”.

Inoltre, quello dell’obesità è un problema che incide anche sulle casse del Servizio Sanitario Nazionale: “una persona obesa costa il 25% in più. E a questo onere - sottolinea Paola Testori Coggi - va aggiunto il costo indiretto imputabile alle più frequenti assenze lavorative stimato dall’Ocse attorno allo 0,6% in più del prodotto lordo di un Paese. Il costo sanitario dell’obesità è enorme, tra il 3% e il 5% del costo dell’intero sistema sanitario (nei Paesi Ue mediamente pari al 10% del prodotto lordo). Di questo costo totale è ancora poco quanto destinato alla prevenzione sanitaria. Studi di economia del comportamento - spiega l’esperta - dimostrano che è facile che una persona acquisti conoscenza sul cibo che fa bene alla salute, ma per cambiare un comportamento acquisito ci vuole di più della mera informazione: incentivi, oppure sanzioni, o campagne educative, o azioni regolamentari. Nel 2011 l’Unione Europea ha distribuito frutta in classe a 8 milioni di bambini. Ciononostante in tutti i Paesi l’obesità infantile continua ad aumentare. Occorre perciò sviluppare partnership pubblico-privato per diffondere la dieta delle piccole porzioni e ricca di frutta e verdura. Laddove l’approccio è stato multisettoriale è cambiata la tendenza del dilagare dell’obesità. Andrebbero inoltre introdotta - conclude Testori Coggi - nei curricula scolastici ore di educazione di stili di vita, e contemporaneamente premiare quell’industria alimentare che più si impegna a riformulare cibi trasformati e a ridurre i grassi e il sale tra gli ingredienti”.

E sull’importanza dell’educazione all’alimentazione e a corretti stili di vita fin da piccoli è d’accordo anche Camillo Ricordi, che è anche favorevole a un referendum per disincentivare il junk food, secondo lui consumato soprattutto da chi ha un reddito basso: “ci stiamo sempre più avviando verso la medicina personalizzata ma i test genetici per combattere l’obesità servono a poco: l’influenza dell’ambiente e degli stili di vita superano infatti la genetica iniziale e i fattori di predisposizione genetica. Bisogna iniziare dalle scuole elementari - aggiunge Ricordi - a promuovere uno stile di vita meno sedentario e una dieta alimentare mediterranea in quanto legata ai valori della convivialità, equilibrio, sobrietà a tavola. Non solo dieta quindi ma uno stile di vita legato al benessere. Sulla possibilità di sanzionare il junk food farei un referendum per disincentivare i prodotti che fanno male perché la loro diffusione e accessibilità nei canali distributivi colpisce maggiormente le fasce di popolazione a basso reddito. Disincentivare quindi il consumo di alimenti sbagliati - conclude Ricordi - e incentivare invece chi si impegna a produrre cibi sani ed equilibrati, questa dovrebbe essere un’azione pubblica”.

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