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Dall’olio extravergine alle riserve di caccia fino all’eolico il business delle agromafie vale, solo nel 2014, un volume d’affari di 15,4 miliardi di euro per Coldiretti/Eurispes. E la Dia di Caltanissetta confisca ancora beni per 50 milioni di euro

Dal latifondo di 300 ettari, utilizzato in passato come riserva di caccia dei più noti capimafia come Brusca e Provenzano, all’olio extravergine di oliva prodotto nelle aziende che sembrano fare capo al boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro fino alle energie pulite come l’eolico, sono le ultime frontiere del business delle agromafie che generano un volume di affari di 15,4 miliardi nel 2014 (+10%) (rapporto Coldiretti/Eurispes). Lo afferma la Coldiretti nel commentare positivamente le operazioni delle forze dell’ordine che per ultimo hanno visto gli agenti della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) di Caltanissetta confiscare beni per 50 milioni di euro con anche terreni per un estensione complessiva di 350 ettari.
“Il fenomeno delle “agromafie” - sottolinea la Coldiretti - investe ambiti complessi e articolati, dove il sistema mafioso originato nelle radici antiche delle mafie del latifondo, dei gabellieri e dell’abigeato si è da tempo rigenerato in forme di vera e propria criminalità economica, ad opera di ben strutturati ed invasivi gruppi di interesse con ramificazioni diffuse anche sul piano transnazionale. È attraverso queste forme di imprenditorialità criminale che viene assicurato innanzitutto il riciclaggio degli illeciti patrimoni che provengono dal traffico di stupefacenti, dal racket e dall’usura, ma vengono anche consolidate le nuove forme di controllo del territorio in cui i soggetti criminali sono veri e propri soggetti economici che operano con i metodi del condizionamento dei mercati e degli appalti, della corruzione dei pubblici funzionari, dello sfruttamento della manodopera clandestina e dell’accesso illecito ai finanziamenti europei e alle altre pubbliche sovvenzioni”.
“Gli interessi criminali - continua la Coldiretti - sono rivolti anche alle forme di investimento nelle catene commerciali della grande distribuzione, nella ristorazione e nelle aree agro-turistiche, nella gestione dei circuiti illegali delle importazioni/esportazioni di prodotti agroalimentari sottratti alle indicazioni sull’origine e sulla tracciabilità, della macellazione e della panificazione clandestine, dello sfruttamento animale e del doping nelle corse dei cavalli, e lucrano anche sul ciclo dei rifiuti, non curandosi delle gravi conseguenze per la catena agroalimentare, per l’ambiente e la salute di tutti noi e delle future generazioni. Il settore ambientale - conclude la Coldiretti - vede anche altre iniziative che hanno sottratto vaste aree agricole con la cementificazione selvaggia e con manovre speculative sulle cosiddette “energie rinnovabili” legate all’agricoltura, quali i sistemi fotovoltaico, eolico e delle biomasse per i rilevanti incentivi economici previsti”.

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