Enorme e complessa, per raccontare l’eredità cultural-gastronomica italiana non basterebbero le parole. Dalla A di aglio alla Z di zuppa, più di 8.500 sono quelle del primo “Dizionario delle cucine regionali italiane”, volume in questi giorni in libreria, a cura di Paola Gho per Slow Food Editore, in cui la cucina e la lingua collaborano per raccontare la storia del nostro patrimonio gastronomico. Gli ingredienti, i piatti, le cotture e gli strumenti tipici di ricette tradizionali del Bel Paese, si susseguono in ordine alfabetico e secondo Regioni e città, grazie al variegato, ma scruposolo, lessico culinario che permette di riconoscere le varietà di prodotti ed elencare le tipologie di piatti, e che ha il gusto delle belle forme linguistiche che conta, compara e classifica, infilzando i cibi con ortografie e definizioni, con l’aiuto di donne e uomini di mestiere, con il difficile compito di considerare ogni traccia scritta come un’ovvietà o una trappola.
Un originalissimo ed affascinante vocabolario (Slow Food Editore, pp. 768, prezzo di copertina 12 euro) in cui l’autrice Paola Gho - scrittrice, per vent’anni curatrice della Guida Osterie d’Italia - abbraccia un materiale fluido, mutevole, d’uso domestico e iscritto nelle carte degli esercizi commerciali, nelle ricette, riprodotto in altri menù con grafia diversa, e destinato ad andare per il mondo. Ma il “Dizionario delle cucine regionali” è selettivo e contestualizzante e le sue definizioni sono per lo più agili, cercando di cogliere l’essenza di un piatto, di un prodotto, di un alimento, di una materia prima, senza pretendere di rubare il mestiere al botanico, allo zoologo o al tecnico di processi alimentari. I nomi, insomma come in ogni vocabolario che si rispetti, fanno da timone e da guida: il nome dell’ingrediente (o gli ingredienti) oppure del modo di trattarli, degli strumenti, le cotture, le declinazioni e i vari piatti che ne derivano.
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