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IN VIAGGIO

Dalla vigna al bicchiere: la ricchezza varietale dei vini della Georgia

Dal filare alla cantina ... al “Merano Wine Festival Georgia” 2023: il rinascimento della viticoltura georgiana corre rapido e sorprende

Chiunque ami il vino deve visitare la Georgia, culla della viticoltura, che qui ha mosso i suoi primi passi. È il messaggio che arriva dal “Merano Wine Festival Georgia” 2023, organizzato dal Wine Hunter Helmuth Kocher, capace di costruire un ponte tra due Paesi - Georgia e Italia - che hanno segnato tappe fondamentali, in momenti diversi, nella storia del vino. Due percorsi distinti che, almeno idealmente, si sovrappongono. Il vino georgiano, dalla fine dell’Unione Sovietica, è stato capace di riprendere in mano le redini del proprio destino, imparando a valorizzare le proprie peculiarità e le proprie tradizioni, aprendosi velocemente all’innovazione. Oggi nel Paese le aziende enoiche sono più di un migliaio, di ogni tipo e dimensione: ci sono gruppi da milioni di bottiglie e una miriade di cantine a gestione familiare.
Anche stilisticamente il panorama vitivinicolo georgiano sa essere sfaccettato come pochi altri, con l’uso del qvevri, l’anfora in cui il vino viene conservato - letteralmente - da millenni, che non è stato mai abbandonato. Al qvevri, generalmente, è riservato ai vini più importanti, ma al suo fianco ha ormai preso abbondantemente piede l’utilizzo del legno piccolo, oltre ovviamente all’acciaio, la base produttiva di qualsiasi Paese e territorio del vino. Sono queste - a grandissime linee - le fondamenta tecniche del Rinascimento del vino georgiano che ricordano in qualche modo quanto fatto da Regioni come Toscana e Sicilia tra gli anni Ottanta e Novanta. Dietro, come capita spesso, c’è un passaggio di testimone tra generazioni che ha velocizzato il cambiamento: i ragazzi nati negli Anni Ottanta del Novecento hanno lasciato il Paese per studiare enologia e fare esperienza in giro per il mondo, dalla Francia alla California, tornando a casa con un bagaglio di conoscenze e saperi enormi, da reinvestire nelle vecchie aziende di famiglia.
Dove, nel frattempo, la crescita enologica è stata accompagnata da un attento lavoro di recupero e selezione delle varietà di vite autoctone della Georgia. Che, proprio come l’Italia, ne conta centinaia: sono 540 quelle attualmente allevate ed ammesse, ma la ricerca è appena agli inizi. Ciò che sorprende, di quelle più popolari, è la grande capacità di resilienza al Climate Change, nella consapevolezza che molto ci sarà da lavorare nei prossimi anni, ma anche la capacità di produrre dei vini dal profilo aromatico ricco e netto - specie tra i bianchi - garantendo spesso gradazioni alcoliche relativamente basse (12,5 gradi). Tutto, o quasi, in termini di ricchezza varietale, ruota intorno alla regione di Kakheti, “da dove arriva la stragrande maggioranza delle varietà autoctone georgiane”, come ha raccontato, a WineNews, Kakha Tchotiashvili, fondatore dell’azienda nate nel 2002, recuperando i vecchi vigneti di famiglia.
“Ogni varietà, a partire da quelle a bacca rossa, ci restituisce vini dalla grande riconoscibilità, specie nelle sue declinazioni più tradizionali, che ovviamente riguardano il passaggio in anfora. I bianchi, invece, sono l’espressione stessa dell’estate, dei suoi profumi e dei suoi fiori, ed ancora più interessanti, in termini di apporto di spezie e sentori di frutta gialla, sono i nostri “amber” (come vengono abitualmente definiti, in Georgia, gli orange wine, ndr). Ma a sorprendermi, come enologo, sono soprattutto i rosati”. L’approccio dei viticoltori georgiani, in cantina come in vigna è sostanzialmente libero, ogni produttore sceglie la strada che preferisce, ponendosi obiettivi e sfide sempre più alte. Quella di Kakha Tchotiashvili, in questo momento, è di “liberarsi dell’irrigazione, che a Kakheti, attraversata dal fiume Alazani, è la norma. Io sono contrario, ma è qualcosa su cui dobbiamo lavorare con attenzione, specie di fronte alla rapidità dei cambiamenti climatici. A cui è legata un’altra sfida, quella della grandine, sempre difficile da fronteggiare”.
Il risultato, tornando al “Merano Wine Festival Georgia”, di scena nella bellissima cornice di Chateau Mukhrani, una delle aziende di riferimento del Paese, sono vini dalla straordinaria diversità, dove si ritagliano una nicchia di estrema rilevanza, specie in termini commerciali, i vini naturali, dai Pet-Nat ai cosiddetti “freak wine”, quei vini difficilmente collocabili, ma capaci di parlare ad un pubblico, soprattutto giovane, particolarmente nutrito. Ce n’è uno anche tra i cinque assaggi di WineNews dalla kermesse dedicata ai vini georgiani: l’Otskhanuri Sapere 2021 di Guantsa’s Wine, la linea naturale di Baia’s Wine: un rosso fresco, a bassa gradazione alcolica, dai sentori di piccola frutta rossa, leggermente carbonico, e complessivamente di grandissima beva. Decisamente più classico, anche nell’etichetta, il Khivkhi 2023 di Vazisubani Estate: un bianco dal profilo aromatico complesso, che va dalla polpa di pera alle erbe aromatiche, di grande persistenza ed assoluta eleganza. Ed ancora, il Rachuli Mtsvane 2021, un altro bianco, dalla speziatura sorprendente, ma anche una delle centinaia di etichette di un progetto decisamente interessante: “Wine People”, con cui l’azienda Teliani raccoglie le micro produzioni dei giovani viticoltori ai primi passi, che vinificano i pochi filari di famiglia in giro per la Georgia. I padroni di casa di Chateau Mukhrani, invece firmano uno dei rossi più solidi e convincenti, la Réserve Royale Shavkapito 2016: un vitigno georgiano che, in questa declinazione, può competere senza alcun problema con i grandi rossi del Vecchio Continente. Non è un caso l’uso della barrique, così come il fatto che gli enologi più giovani definiscano “stile europeo” qualsiasi tipo di vino che non preveda l’uso del qvevri. Che, invece, caratterizza e rende straordinario il Kakhuri Mtsviani 2019 di Tchotiashvili: al naso, un passito siciliano, tanta è la frutta gialla secca e la mandorla, ma in bocca è fresco, sapido persino.

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