Lottare, con ogni forza, contro la “criminalizzazione del vino”, perchè è sbagliata - mentre è corretta la distinzione finalmente arrivata anche dall’Oms tra abuso, da combattere, e consumo consapevole - perchè è la “prima problematica” del settore, e “di conseguenza del nostro ambiente, della nostra cultura, della nostra tradizione, dell’identità, interconnessi con i vigneti e con il lavoro che vi si svolge”, e perchè gli effetti di questa “demonizzazione” sono “più pericolosi di qualsiasi tariffa, dazio, svalutazione monetaria, crisi internazionale”. Una battaglia che sarà sostenuta anche attraverso una campagna istituzionale “in partenza a giorni” per raccontare il vino, “che è la cosa migliore da fare, in tutte le sue dimensioni”, guardando al futuro a medio termine ma anche a quello più prossimo, con la data del 10 dicembre 2025, quando a Nuova Delhi ci sarà il verdetto sulla candidatura della Cucina Italiana a “Patrimonio Unesco”, che se arriverà, come auspicabile, non sarà la fine di un percorso, ma un nuovo “inizio”. Ecco i pensieri, affrontati a tu per tu con WineNews, dal Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, dalla cena/spettacolo “Bibenda” 2026, la guida della Fondazione Italiana Sommelier (Fis), condotta da Franco Ricci, nei giorni scorsi, a Roma.
In una chiacchierata in cui siamo partiti proprio dall’attesa per il riconoscimento Unesco atteso per la Cucina Italiana - con il dossier che, nei giorni scorsi, intanto, ha avuto un parere tecnico positivo - il 10 dicembre dall’India (con il Colosseo che si tingerà di verde, bianco e rosso, il tricolore della bandiera Italiana, in segno di buon auspicio, ndr) per la fine di un percorso che, semmai, spiega Lollobrigida, è un inizio. “Abbiamo candidato nel 2023, il 23 marzo, la Cucina Italiana a patrimonio Unesco, insieme al Ministero della Cultura, perché ritenevamo che la cucina italiana rappresentasse al meglio quello che siamo. La cucina italiana è produzione, trasformazione, poesia, musica, scienza, ricerca e soprattutto valore aggiunto, per quanto ci riguarda, che ci permette di ridistribuire una ricchezza che qualcuno crea, cioè le nostre imprese, 270.000 ristoranti nel mondo, le migliaia di ristoranti che nobilitano i nostri prodotti, attraverso una sapienza che è frutto della contaminazione di 3.000 anni di storia, ma anche dell’aver saputo assemblare nel made in Italy qualcosa che oggi significa qualità, bellezza, benessere, e che deve avere il giusto valore riconosciuto dalle persone che acquistano e consumano”.
Una cucina made in Italy che è pilastro di un modo di vivere e concepire cibo e convivialità di cui il vino, da sempre, è pilastro fondamentale, ma che, come detto spesso anche dal Ministro Lollobrigida, e come sostenuto più volte, da qualche anno, anche da WineNews, sembra oggetto di una vera e propria criminalizzazione. “Io credo che sia la prima problematica del vino e di conseguenza del nostro ambiente, della nostra cultura, della nostra tradizione, dell’identità, interconnessi con i vigneti e con il lavoro che vi si svolge. Riuscire a svolgere un’attività di questa natura prevede che quello che tu riesci a produrre significhi qualcosa di buono. Nel mondo non tutti fanno vino, non tutti conoscono il vino - sottolinea il Ministro Francesco Lollobrigida - e obiettivamente alcune ricerche hanno forzato la mano sul vino, confondendo l’abuso di alcol con l’utilizzo consapevole di un alimento che ci accompagna da 5.000 anni e che, obiettivamente, se uno non vuole affermare che faccia bene - e io sono uno di quelli che pensa che la convivialità faccia bene e il vino sia uno degli elementi cardine della convivialità - certamente non fa male, perché è un dato oggettivo che siamo la prima nazione europea in termini di longevità e sicuramente il vino ci accompagna da sempre”. Intanto, però, anche l’Oms, che da tempo spinge in ogni modo a trovare misure per limitare in consumi di alcolici in generale, sembra aver cambiato leggermente rotta, tornando a fare distinzione tra consumo moderato e consapevole, e abuso, che pare già un importante risultato. “Abbiamo lavorato su questo in maniera molto forte - sottolinea il Ministro - perché l’Oms deve assumere delle posizioni che tengano conto di dati oggettivi, e dire che il vino in assoluto era dannoso si scontrava sulla statistica anche rispetto alla longevità dei popoli che lo utilizzano. Se fosse stato “veleno”, oggi, l’Italia sarebbe insieme alla Francia e alla Spagna in coda alla sopravvivenza su questo pianeta, e invece non è così, e obiettivamente i dati che emergono sono quelli di una distinzione corretta, a nostro avviso tra l’abuso e l’uso consapevole di un prodotto che, in quest’ottica, può essere considerato se non salutare - e io lo considero tale senza dubbio anche per la testa, per l’arte, per la poesia, per la cultura - sicuramente non deve considerarsi dannoso, nel quadro di un uso ovviamente non eccessivo”.
Al netto di questo, però, si nota il fatto che di vino, nei programmi in tv, e non solo, se ne parla sempre di meno. “È certamente così, ed è un fatto che questa criminalizzazione, questa discussione, aveva fatto breccia. Eravamo arrivati a nazioni che prevedevano l’etichetta allarmistica sulle bottiglie, confondendo il vino con il tabacco, immaginando di affermare che il vino facesse male. E se tu cominci a far percepire che il vino in assoluto è una cosa negativa, ovviamente, lo nascondi, cerchi di evitare di farti vedere con un bicchiere di vino in mano, diventa un’abitudine negativa. Questo è pericolosissimo, più pericoloso di qualsiasi tariffa, dazio, svalutazione monetaria, crisi internazionale. La criminalizzazione del prodotto - sottolinea il Ministro Francesco Lollobrigida - porta ovviamente ad una diminuzione radicale dei consumi, peraltro con l’errore clamoroso che criminalizzare il vino sta spingendo verso cocktail a base di spiriti spesso non di grande qualità, spinge verso l’utilizzo a volte di sostanze psicotrope confondendoli con l’utilizzo, invece, del vino, come alimento, che è quello che le generazioni che ci hanno preceduti per migliaia di anni hanno fatto. Il vino ci ha accompagnato, è tradizione, è difesa di un’identità ma è soprattutto cultura, e per noi è anche economia, questo è un fatto. Immaginare un’Italia senza vino significa depauperarci di un valore anche economico, di lavoro e di cura del territorio, non c’è zona così bella come quella coltivata e devo dire che i vigneti sono tra le coltivazioni che scolpiscono il territorio che ci circonda”.
A sostenere tutto questo, ed un rilancio di quello che, se consumato senza abusi, è anche un “alimento liquido” alla base della nostra tradizione e cucina, sono in arrivo delle novità importanti: “intanto a giorni partiremo con una campagna che racconta il vino, che è la cosa migliore da fare. Raccontare il vino in tutte le sue dimensioni, permette di gustarlo, riconoscerlo, sapere di che cosa si parla quando lo si deve definire. Poi ovviamente lavoriamo con l’Agenzia Ice, a livello internazionale, per aprire nuovi mercati, per consolidare quelli che abbiamo, mettiamo quest’anno in finanziaria diverse decine di milioni in più che saranno dedicati per la maggior parte al vino e alla cucina italiana, perché la cucina italiana si porterà dietro anche in questa campagna il vino come elemento centrale della tavola. Oggi è un elemento centrale per tante ragioni, anche sul conto spesso diventa un elemento predominante che permette alle aziende anche di ristorazione di vivere. Bisogna anche concentrarsi su una forza che è quella dei nostri 270.000 ristoranti all’estero, e delle migliaia e migliaia in Italia, che vendono vino italiano di qualità, perché l’Italia non deve più competere solo sulla produzione che ci vede primi nel mondo, ma soprattutto sulla qualità del prodotto”.
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