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DISTILLATI ITALIANI COME IL VINO: NEL BELPAESE SE NE BEVONO SEMPRE MENO (-10% NEL 2011, SUL 2010), E LE AZIENDE SI AFFIDANO ALL’EXPORT, CON LA GRAPPA, SIMBOLO DEI DISTILLATI MADE IN ITALY, A +18% NELL’IMBOTTIGLIATO E +37% NELLO SFUSO

Distillati italiani come il vino: nel Belpaese se ne bevono sempre meno (-10% nel 2011 sul 2010), e le aziende si affidano all’export. Lo sottolinea Assodistil - Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli e di acquaviti. “Il mondo è cambiato, soprattutto negli ultimi anni - ha spiegato il presidente Antonio Emaldi - e oggi l’industria dei distillati deve confrontarsi con un sistema globale aggressivo, che non perdona chi stenta ad adeguarsi”. In particolare, il comparto degli alcoli e acquaviti di origine vinica ha registrato una forte riduzione, mentre aumenta, come in tutta Europa, l’alcol da cereali. Per l’Italia, non è una novità: da alcuni anni la prima voce di produzione deriva dal cereale, seguita dagli alcoli di origine vitivinicola. Nel complesso, nel 2011 in Italia sono stati prodotti 833.00 ettanidri di alcol, -16% sul 2010, e 192.800 ettanidri di acquaviti, il 16% in meno.

L’acquavite di vino, segmento nel quale l’Italia è leader europeo insieme alla Spagna, si conferma la prima voce in termini di export e volume, anche se in calo del 30% sul 2010. In controtendenza, invece, le acquaviti di frutta (+67%).

Anche la grappa mostra i segni del cambiamento: nonostante la riduzione dei volumi (-11%) e la sua forte relazione, anche al consumo, con il territorio d’origine, il distillato simbolo del made in Italy è ormai entrato nel “salotto buono” dell’agroalimentare e della ristorazione, consolidando la sua fama di prodotto raffinato per consumatori colti ed esigenti. I dati dell’export fanno registrare una performance eccellente: nel 2011 le esportazioni di grappa in bottiglia sono aumentate del 18%, mentre il prodotto sfuso è cresciuto del 37% sul. Tra i mercati più interessanti, si segnalano Stati Uniti, Brasile, Cina e, in minor misura, la Russia.

Dal punto di vista strutturale, i dati Assodistil descrivono un comparto caratterizzato da una forte concentrazione: sul piano della produzione il 10% delle aziende, quelle comprese nella fascia produttiva più alta, detiene il 64% della quota di produzione. E sono le prime dieci aziende per volumi di vendita a vantare oltre il 60% delle quote di mercato. Ma la grande maggioranza delle imprese, sono micro e piccole realtà che, al di là dei ridotti volumi di produzione, al di sotto dei 1.000 ettanidri, rappresentano la storia e l’emblema di questo settore.

Ma tra i problemi che più preoccupano di più i produttori ci sono sia questioni strutturali, come il pagamento anticipato delle accise, unito ad una pressione fiscale penalizzante, sia misure fiscali che sembrano destinate ad entrare presto in vigore, come nuove tasse e l’aumento dell’Iva al 23%.

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