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LETTERA A TRUMP

Dopo Zachy’s anche Sotheby’s contro la minaccia Usa di nuovi dazi, del 100%, sul vino europeo

Le case d’asta invitano i propri clienti a farsi sentire: un costo eccessivo, che spingerebbe i prezzi del vino italiano e francese su del +150%
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Dopo Zachy’s anche Sotheby’s contro la minaccia Usa di nuovi dazi, del 100%, sul vino europeo

Zachy’s ha aperto la strada, rivolgendosi qualche giorno fa ai propri clienti ed invitandoli a fare pressione direttamente sui rappresentanti di Washington per impedire che la minaccia di Trump di imporre una tariffa del 100% su tutti i vini europei prenda forma, e adesso anche un’altra importante casa d’aste, la britannica Sotheby’s, che nel 2019 ha chiuso il bilancio del settore vini a quota 118 milioni di dollari, in crescita del 20% sul 2018, si schiera ufficialmente, unendosi alla petizione (qui e qui) del concorrente d’Oltreoceano. Del resto, sulla piazza di New York Sotheby’s ha fatturato 30,7 milioni di dollari, molto meno che ad Hong Kong (59 milioni di dollari), ma comunque più che a Londra (28,4 milioni di dollari), e come si legge nella comunicazione che ha inviato a media e clienti, “Take Action Against Impending Tariffs”, se la minaccia di nuove tariffe del 100% su tutti i vini importati dall’Unione Europea, inclusi quelli da Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Germania, fermi e spumanti, a qualsiasi livello di alcol, dovesse avverarsi, il prezzo dei vini, sia per i retailer che per i wine lover, aumenterebbe in maniera drammatica.
Nel testo della lettera, esattamente come in quella di Zachy’s, si chiede di fermare un’escalation iniziata per tutte altre ragioni, ossia la querelle sugli aiuti di pubblici ad Airbus, considerati da Trump concorrenza sleale alla Boeing, che ha già portato ai dazi del 25% sul vino europeo, escluso quello italiano, ma anche all’inclusione nella short list della U.S. Trade Representative dello Champagne. Il passo successivo, ossia i dazi al 100%, porterebbero ad un aumento del 150% sul prezzo finale. Inaccettabile, nella patria del libero mercato, che scaricherebbe sui consumatori un costo spropositato, specie perché, ricorda ancora la lettera, il vino europeo non è un bene sostituibile, neanche dalla produzione interna, che avrebbe comunque bisogno di anni ed anni per produrre il vino abitualmente importato dall’Unione Europea.

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