Duecento espositori, otto Paesi rappresentati, dodici master class due forum e buyer provenienti da tutte le principali città della Greater Bay Area cinese. Ecco “Wine to Asia”, la fiera start up di Veronafiere, di scena domani e sabato 21 novembre, a Shenzhen, primo evento in presenza dopo mesi di attesa, sul mercato più difficile da conquistare, ma anche quello che promette di più in ottica futura.
Una buona notizia per il vino, che guarda da anni verso Oriente, ad un mercato che, a ben guardare, fa una fatica enorme a crescere. I consumi sono ancora fermi a 1,2 litri pro capite l’anno - contro i 37 dell’Italia - ed il vino del Belpaese, nonostante i ritmi di crescita impetuosi degli ultimi anni, non si schioda dalla quota del 7% dell’import enoico totale. Il “semestre Covid” (marzo-agosto 2020) ha registrato, per le spedizioni italiane, un crollo a valore del 38%, e allora tornare a correre diventa ancora più importante, correggendo però la rotta, sia in termini di promozione che di marketing, imparando finalmente a mettersi “nei panni” del consumatore cinese, della sua cultura e del suo rapporto con ciò che mangia e beve.
Una vera e propria sfida, specie adesso che la Cina si è fatta promotrice del più grande accordo di libero scambio che il mondo abbia mai visto: il Regional Comprehensive Economic Partnership, che coinvolge 15 Paesi dell’area Asia-Pacifico, in cui vivono 2,2 miliardi di persone, che generano il 30% del Pil mondiale. Accordo di cui fanno parte anche Australia e Nuova Zelanda, che già godevano, per il mercato cinese, di condizioni agevolatissime (zero dazi) da qualche anno.
Organizzato dalla società Shenzhen Baina International Ltd, controllata di Veronafiere in partecipazione con Pacco Communication, “Wine to Asia” ha scelto Shenzhen, dove hanno sede oltre alle molto conosciute aziende big tech, anche il 30% degli importatori cinesi di vino, e la vivacità della città è in grado di influenzare i trend della zona che va da Hong Kong a Guangzhou. Ad esporre a “Wine to Asia” anche diverse collettive, tra le quali quella italiana organizzata da Ice Agenzia, la più rappresentata con oltre 70 espositori, Wines of Chile, Rioja e una delle regioni emergenti della produzione del vino in Cina, l’Huailai. “Un particolare merito va ai produttori che hanno osservato la quarantena imposta dal Governo cinese ai passeggeri in arrivo dall’estero per essere presenti in prima persona”, commenta il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. “Questa prima edizione, che ha rischiato più di ogni altro evento di non tenersi, si presenta ai nastri di partenza con numeri oltre ogni aspettativa con più di metà aziende dall’Italia. Non solo, sono sold out tutti gli eventi in programma e questo la dice lunga sull’attesa di un evento in presenza anche su un mercato fortemente orientato al digitale e all’online”.
Come spiega Simone Incontro, responsabile Veronafiere per l’Asia, “il mercato cinese è in continua evoluzione con i gusti dei consumatori che pian piano si stanno affinando. Certamente la pandemia da Coronavirus ha avuto un impatto sul mercato e molti distributori hanno chiuso o hanno visto una drastica riduzione dei fatturati, tuttavia stiamo riscontrando un’evoluzione dei consumi con la richiesta di nuovi prodotti . È il caso appunto dei vini naturali, che stanno comparendo sempre di più nei portafogli di importatori e distributori e che vedremo esposti nell’area Living Wine, la più grande mai vista prima sui vini naturali in una fiera internazionale, con 100 etichette e 30 aziende”. Iniziative online, poi, affiancano l’evento business fisico grazie a live streaming e flash sale con il gigante online PinDuoDuo, in collaborazione con Ice. Espositori e visitatori, inoltre, possono contare sulle funzionalità della mini-app Wechat di Wine to Asia. Infine, ristoranti, wine bistrot e locali della zona, nella “Greater Bay Area Wine Week”, offrono menu speciali in abbinamento al vino.
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