Lo scontrino diventa più “pesante” ma la dispensa non si riempie come prima. Effetto dell’inflazione, quella che sta facendo cambiare le abitudini di acquisto dei generi alimentari a tante persone, soprattutto ai ceti più bassi. La spesa per gli alimenti e bevande è infatti costata agli italiani quasi due miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno, a fronte però di una riduzione delle quantità acquistate. Emerge, in sintesi, dall’ultima rilevazione dell’Osservatorio Ismea-NielsenIQ sugli acquisti alimentari domestici, relativa al primo trimestre 2023.. L’inflazione, seppur in rallentamento su base annua, continua a rimanere su valori particolarmente sostenuti soprattutto nel settore alimentare, dove Istat certifica un +12,6% a marzo. In questo contesto l’incremento medio dello scontrino dell’8,6% indicato da Ismea riflette una contrazione delle quantità acquistate e l’adozione di strategie volte al risparmio, soprattutto da parte dei nuclei a basso reddito, senza particolari differenze tra Nord, Centro e Sud della Penisola.
Secondo l’analisi, tra le diverse tipologie di famiglie acquirenti sono quelle con figli adolescenti (le cosiddette maturing families) a fare i maggiori sacrifici. Per loro l’aumento dello scontrino rimane sotto al 2% ma il carrello si svuota di quasi il 13% delle quantità. Di contro i nuclei familiari molto giovani (pre-family) e gli anziani senza figli a carico riducono solo di pochissimo i volumi acquistati, con esborsi maggiori rispettivamente del 7% e dell’11%.
Tra i vari canali distributivi, il discount con uno share che ha superato il 20%, è quello in cui si registra il maggior scostamento tra aumento della spesa (+8%) e riduzione in volume degli acquisti (-8%), a conferma del fatto che sono le famiglie basso spendenti a subire maggiormente le conseguenze del carovita.
Analizzando le diverse categorie, nel primo trimestre, la spesa risulta in aumento per tutti i comparti alimentari con incrementi a doppia cifra per uova (+20%), latte e derivati (+18%), derivati dei cereali (+13%) e lievemente inferiori per le carni (+9%). Nel reparto ortofrutta la spesa cresce di oltre il 3% con variazioni dei prezzi correlati anche a fattori meteorologici e dinamiche produttive che rendono difficile una lettura generalizzata. Gli acquisti di oli vegetali crescono del 5% ma il confronto avviene su un 2022 segnato da rincari record, trainati dall’olio di semi (+52% il prezzo di quello di girasole). Il comparto delle bevande registra un incremento di spesa complessivo dell’8,5% al quale contribuiscono soprattutto le bevande analcoliche, in un contesto di spesa invariata e contrazioni in quantità per i vini e di rialzi della spesa inferiori alla media e riduzione in volume delle birre. Per i prodotti ittici, dopo un 2022 in forte flessione, torna a crescere la spesa, trainata questa volta proprio dal segmento del fresco che era stato il più penalizzato nella scorsa stagione. Il pesce fresco è l’unica voce a registrare un recupero dei volumi (+2%) che, associato all’incremento dei prezzi, fa crescere la spesa del 6,7%. A fronte di ciò, importanti rinunce dei consumatori hanno interessato sia i prodotti ittici surgelati che le conserve ittiche.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024