"Il giro d'affari del commercio mondiale della cioccolata è pari a 60 miliardi di dollari e ai produttori va soltanto il 5%. Pensateci, ma mentre ci pensate, chiedo all'Icco, per favore, aiutateci": è nelle parole dell'ambasciatore dell'Uganda, Deo Rwabiito, l'appello dei piccoli Paesi produttori di cacao che si sono riuniti oggi a Perugia, per Eurochocolate, nel loro primo summit internazionale (presenti rappresentanti di associazioni di aziende produttrici di cacao, di organizzazioni nazionali e internazionali di regolamentazione e di controllo del mercato, politici ed esponenti istituzionali di Angola, Uganda, Madagascar, Costa Rica, Colombia, Venezuela e Siera Leone).
"Aiutate i piccoli contadini - ha continuato il diplomatico dell'Uganda - per far studiare i loro figli, ma anche perché possano godersi la vita. Spingete gli utili in basso nella catena produttiva". In Uganda 16.898 ettari di terreno sono coltivati a cacao con una media che varia da 0,2 a 3 ettari per ogni piccola azienda. La produzione complessiva per il 2006 è stimata in oltre 7.300 tonnellate, con un ricavo di 11,6 milioni di dollari. Inoltre, 250.000 ettari di superficie sono stati già certificati per la produzione di cacao biologico. E come in tutti i paesi africani i piccoli produttori - ha spiegato John Muwanga Musisi, coordinatore del progetto per la valorizzazione di té e cacao, del ministero per l'agricoltura ugandese - hanno bisogno di aiuto. Nella maggior parte dei casi le difficoltà principali sono legate alla tecnologia non avanzata e alle informazioni di mercato non aggiornate.
"I prezzi che abbiamo - ha spiegato il rappresentante della Sierra Leone - sono vecchi almeno di un giorno". In alcuni Paesi, come la Guinea, la Liberia e la Sierra Leone, la produzione fa i conti anche con una grave patologia delle piante, il baccello nero, mentre spesso l'assenza di una adeguata ricerca compromette la qualità: nella Sierra Leone, la varietà di cacao utilizzata è stata piantata nel 1949 e le piante sono ormai vecchie. Il peggioramento della qualità nelle produzioni è causa di una perdita di 350 dollari per tonnellata per ogni partita di cacao esportata dal Paese africano, che produce circa 8.000 tonnellate all' anno. A volte i problemi sono di diversa natura, come in Angola, Paese devastato da oltre 30 anni di guerra, ora impegnato a ripulire dalle mine i campi utili alla coltivazione di cacao, al momento quasi abbandonata.
Le richieste, le necessità, sono numerose: "Come si puliscono i chicchi, come si fa l'essiccazione?", ha sintetizzato l'ambasciatore ugandese. Servono trattori per i piccoli coltivatori, ma anche competenze, conoscenze, informazione. Gli esponenti dei diversi Paesi chiedono di poter stabilire contatti diretti fra produttore ed acquirente, di potere assicurare ai contadini condizioni migliori, di potere offrire loro un prezzo garantito per coprire le spese di produzione. Si chiede anche di ridurre lo squilibrio tra il valore del prodotto finale e il guadagno dei piccoli contadini. Questi ricevono una percentuale spesso del 5 o al massimo del 10% del valore del prodotto, mentre è pari a circa il 70% (ma arriva al 90% in Nigeria e Camerun) il prezzo pagato agli esportatori.
"Vi aiuteremo, gli altri Paesi produttori di cacao e la Icco sono pronti a sostenervi ed aiutarvi", ha assicurato il direttore esecutivo della Icco, Jan Vingerhoets, rispondendo in particolare al rappresentante dell' Angola. Alcuni progetti-pilota sono intanto in corso in diverse parti del mondo e l'Icco ha recentemente approvato una risoluzione per sostenere i Pesi produttori a sviluppare sistemi di informazione sul mercato. L'incontro si è svolto in collaborazione con l'"Icco", Organizzazione internazionale del cacao, e con la facoltà di agraria dell' università di Perugia.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024