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Falcidiata dal meteo, oscillante tra caldo, freddo e precipitazioni anomale, la produzione olearia 2016 del Belpaese si dimezza anno su anno, portando i prezzi a 5,52 euro al chilo a metà novembre: a dirlo Unaprol (su dati Ismea)

I frantoi italiani stanno girando a pieno regime, ma per la produzione olearia 2016 le notizie positive non abbondano di certo: Ismea e Unaprol hanno, infatti, ridotto ulteriormente le previsioni produttive relative all’anno in corso, e i dati più recenti parlano di un output stimabile intorno alle 243.000 tonnellate, ovvero la metà delle 474.620 dell’anno scorso, con un calo percentuale di ben il 48,8%. Certo, va tenuto conto del fatto che la produzione dello scorso hanno è stata generalmente ottima, con punte da record in alcune aree del Sud Italia, e che quella di quest’anno è un’annata strutturalmente di “scarica”, ma rimane il fatto che il meteo decisamente avverso, con bizzarre alternanze di caldo e freddo e piogge spesso inopportune, si è fatto sentire.
Peggio di tutti, al contrario del 2015, ha fatto proprio il Sud, dove il -50% stimato ad oggi potrebbe risultare addirittura ottimistico: inoltre, sono pesantemente in rosso tutti i bacini più importanti, come la Puglia (-50%), la Calabria (-53%) e la Sicilia (-52%), mentre al Centro la flessione è di poco superiore al 40%, con la Toscana a -35% e l’Umbria a -38%. In controtendenza, invece, il Nord Italia, ma le dimensioni produttive di questa sezione del paese sono limitate, e invece a performare male da questo punto di vista è stata proprio la Liguria, la cui produzione è stimata essere in calo del 50%.
Prevedibilmente, la reazione dei mercati non si è fatta attendere: i prezzi hanno subito tendenze rialziste quasi immediate, portando in media gli oli extravergine a 5,52 euro al chilo a metà novembre - ma con la piazza di Bari già oltre i 5,70 euro al chilo, quando a settembre le trattative si erano chiuse su valori attorno a 3,80 euro al chilo.
Dal punto di vista delle esportazioni, fondamentali per il settore oleario tricolore, da gennaio ad agosto 2016 sono state esportate più di 226.000 tonnellate di olio di oliva e sansa, il 10% in più su base annua - e con il segmento dell’extravergine e del vergine che supera le 186.000 tonnellate. Ad aver incrementato la domanda di olio italiano sono soprattutto Stati Uniti, Giappone, Canada e Svizzera, mentre Germania e Regno Unito segnano il passo. Discorso a parte per la Spagna, le cui importazioni dall’Italia potrebbero essere una coda della carenza di prodotto dello scorso anno. In buona progressione anche le esportazioni italiane in Cina (+17% a volume e +19% a volte), mentre corrono oltre il +50% quelle alla volta della Russia.
Andando oltre i confini nazionali, poi, a livello globale la produzione globale è calata di circa il 10% anno su anno, passando dalle 3.060.000 tonnellate del 2015 alle 2.754.000 di quest’anno: sostanzialmente stabile la Spagna, a 1,4 milioni di tonnellate, mentre dalla Grecia è attesa una flessione a due cifre a causa dei pessimi risultati olivicoli provenienti da Creta. Bene, infine, il “Nuovo Mondo” degli oli, con buone performance, tra gli altri, di Argentina e Australia.

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