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SCENARIO

Fame globale in calo, ma Africa e Asia occidentale restano in emergenza

Nel 2024, oltre 673 milioni di persone sono state colpite. Inflazione alimentare record nei Paesi poveri. A dirlo il rapporto Sofi 2025 by Fao
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Fame globale in calo, ma non in Africa e Asia occidentale (ph: Freepik/jcomp)

La fame nel mondo marcia a due velocità: diminuisce il tasso a livello globale ma aumenta in Africa e Asia occidentale. Inoltre, nei Paesi a basso reddito pesa l’inflazione alimentare, arrivata a toccare il picco del 30% mentre oltre 190 milioni di bambini sotto i 5 anni sono colpiti da denutrizione. A dirlo è nuovo rapporto Sofi 2025 - “State of Food Security & Nutrition in the World” - “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo”, lanciato nel “Secondo vertice delle Nazioni Unite di bilancio dei sistemi alimentari, in scena dal 27 al 29 luglio, a Addis Abeba (Etiopia), curato dall’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), dal Programma alimentare mondiale (Pam), e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che stima che l’8,2% della popolazione globale, ovvero circa 673 milioni di persone, abbia sofferto la fame nel 2024, in calo rispetto all’8,5% del 2023 e all’8,7% del 2022. Sebbene il calo sia positivo, si legge nel Rapporto Onu, le ultime stime rimangono al di sopra dei livelli pre-pandemia, con l’elevata inflazione alimentare degli ultimi anni che ha contribuito alla lenta ripresa della sicurezza alimentare. “La percentuale della popolazione che soffre la fame in Africa ha superato il 20% nel 2024, colpendo 307 milioni di persone, mentre in Asia occidentale si stima che il 12,7% della popolazione, ovvero più di 39 milioni di persone, potrebbe aver sofferto la fame nel 2024”, afferma il report. “In generale - continua il rapporto Sofi 2025 - si prevede che 512 milioni di persone potrebbero essere cronicamente denutrite entro il 2030, e quasi il 60% di queste sarà in Africa”.
L’inflazione dei prezzi alimentari ha rappresentato un ostacolo significativo alla ripresa della sicurezza alimentare e della nutrizione nella fase successiva alla pandemia. A partire dal 2020, l’inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari a livello globale ha sistematicamente superato l’inflazione primaria. Il divario ha raggiunto l’apice nel gennaio 2023, quando l’inflazione alimentare ha toccato il 13,6%, superando il tasso primario (8,5%) di 5,1 punti percentuali”, dichiara la Fao. “L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari ha colpito in modo particolarmente duro i paesi a basso reddito. Se l’inflazione alimentare mediana è cresciuta nel mondo dal 2,3% del dicembre 2020 al 13,6% di inizio 2023, nei paesi a basso reddito è volata al 30% nel maggio 2023. Nonostante l’incremento globale dei prezzi dei prodotti alimentari, il numero di persone impossibilitate ad accedere a una dieta sana è sceso da 2,76 miliardi nel 2019 a 2,60 miliardi nel 2024. Si tratta, tuttavia, di un miglioramento disomogeneo”, prosegue il report. “Nei Paesi a basso reddito - fa notare il report - dove il costo di una dieta sana è aumentato in misura più marcata rispetto ai paesi a più alto reddito, le persone economicamente escluse da una dieta sana sono passate dai 464 milioni del 2019 ai 545 milioni del 2024 (72% della popolazione).Nei paesi a reddito medio-basso (esclusa l’India), questo numero è salito da 791 milioni nel 2019 a 869 milioni (52% della popolazione) nello stesso periodo”, dichiara il report.
“Per contrastare l’inflazione dei prodotti alimentari, si raccomanda l’attuazione di una combinazione di misure politiche, tra cui: interventi fiscali mirati e circoscritti nel tempo, quali programmi di protezione sociale, a tutela delle famiglie vulnerabili; politiche monetarie credibili e trasparenti per contenere le spinte inflazionistiche; investimenti strategici nella ricerca e sviluppo in campo agroalimentare, nelle infrastrutture di trasporto e produzione, e nei sistemi di informazione del mercato, al fine di migliorare la produttività e la resilienza”, conclude il rapporto.

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