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FEDERALIMENTARE: TROPPE LE BARRIERE AD IMPORT MA IN CINA EXPORT ITALIA CRESCE, +32,6% NEL 2009 E +72,9% NEL PRIMPO TRIMESTRE 2010

Cresce costantemente in Cina l’attenzione verso i prodotti alimentari italiani di eccellenza, e lo dimostrano, oltre ai dati dell’export nel 2009 (+32,6%) anche quelli dei primi tre mesi del 2010 (+72,9%). Ma se diminuissero le molte barriere alle importazioni, tariffarie e non, presenti nel Paese, le cose potrebbero andare ancora meglio. Lo evidenzia la Federalimentare che, in questi giorni, si trova nel Paese della Grande Muraglia per rappresentare l’industria alimentare italiana nella missione organizzata da Ice, Confindustria ed Abi, sotto l’egida del Ministero dello Sviluppo Economico e quello degli Affari Esteri.

Nel 2009 le esportazioni dell’Italia, pur avendo raggiunto appena i 111 milioni di euro, cioè meno di quanto esportiamo in Paesi come Croazia, Romania e Norvegia, hanno tuttavia totalizzato un aumento del 32,6% sul 2008. “E la costante crescita delle nostre esportazioni alimentari in Cina - dichiara il direttore generale di Federalimentare, Daniele Rossi, in una nota stampa - trova conferma nei primi mesi del 2010, in cui sono stati raggiunti i 28,7 milioni, con una crescita del 72,9% sullo stesso periodo 2009”. Per Federalimentare, si tratta di “un dato incoraggiante, soprattutto in considerazione del fatto che l’importante tradizione gastronomica della Cina lascia escludere l’ipotesi di un’affermazione della cucina italiana quale ‘modello’ alimentare di massa. Certo - prosegue - non abbiamo ancora sfruttato che una minima parte del potenziale mercato che questo grande Paese rappresenta, tuttavia la direzione intrapresa sembra essere quella gusta”. E, a testimonianza di uno scambio vivo tra i 2 Paesi, Federalimentare evidenzia come siano in crescita anche le importazioni in Italia dei prodotti alimentari dalla Cina: 185 milioni di euro nel 2009, con un aumento del 2,7% sul 2008.

Nel dettaglio, le principali voci 2009 dell’export alimentare italiano in Cina sono state: il “dolciario”, con 31,9 milioni di euro di euro (+49,8%), i “vini, mosti e aceto”, con 20,2 milioni (+30,2%), gli “oli e grassi”, con 14,3 milioni di euro (+17%). Ma, a rallentare l’affermazione dei nostri prodotti in Cina contribuisce, oltre alla radicata tradizione gastronomica del Paese, anche il quadro amministrativo locale. Per Federalimentare “dovrebbero, infatti, diminuire le barriere tariffarie e non tariffarie, le restrizioni sanitarie, e dovrebbero essere semplificate le certificazioni e in generale le procedure: troppo spesso onerose, frammentarie e stratificate”.

Inoltre, aggiunge il Direttore Generale di Federalimentare, “‘l’esiguità delle importazioni dall’Italia non ha consentito ancora la creazione di una categoria professionale e qualificata di importatori-distributori. Le imprese italiane trovano parecchi ostacoli su questo fronte, e ciò aggrava i problemi di reperibilità dei prodotti, penalizzando i consumi”. Un altro degli obiettivi della missione in Cina di Federalimentare è, informa Rossi, “la crescita qualitativa e quantitativa in loco della ristorazione italiana. E’ questo lo “snodo” cardine della penetrazione della nostra cucina e dei nostri prodotti. Che si è rivelato ovunque un grande volano di conoscenza e di consumo”.

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