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FIPE-CONFCOMMERCIO: “NO AD ETICHETTATURA DEI PIATTI”. IL PROVVEDIMENTO, CHE IMPONE LA DESCRIZIONE DI QUANTITÀ E QUALITÀ DEGLI ALIMENTI SUI PIATTI CUCINATI O DI PANINI, SOLLEVA LA PROTESTA DELLE PRINCIPALI CATENE DI RISTORAZIONE”

L’etichettatura dei piatti è un’operazione impraticabile anche da parte delle grandi catene di ristorazione e rischia di arrestare l’espansione di uno dei pochi settori in grado si sopportare la crisi economica meglio di altri. L’allarme è stato lanciato dal Cibus, di scena a Parma, nel convegno “Le grandi catene di ristorazione contro l’etichettatura dei menu: confronto con l’Unione Europea”.

Il “no” alla nuova imposizione è arrivato forte e secco da parte dei principali marchi proprio all’approssimarsi di un provvedimento legislativo con cui si vorrebbe imporre l’esibizione cartacea degli ingredienti (completi di quantità e tipologie impiegate, valori nutrizionali, eventuali elementi allergenici) utilizzati in ogni singolo piatto o pietanza preparati e venduti dalle grandi catene di ristorazione.

Le catene più importanti sono in grado di generare un fatturato annuo di circa 2,8 miliardi di euro, pari al 5% del fatturato complessivo registrato da tutto il settore dei pubblici esercizi. Si tratta di un segmento importante, in grado di impiegare 70.000 lavoratori distribuiti fra i 2.200 punti vendita ubicati su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto nei punti cruciali di transito, come aeroporti, stazioni, autostrade ed ora anche nelle zone più decentrate delle principali città italiane.

Fipe, la federazione leader dei pubblici esercizi a cui aderiscono anche le catene più importanti, farà sentire assieme ad Hotrec (la federazione europea di riferimento) la sua voce proprio a Bruxelles, dove il lungo iter legislativo sta per giungere a compimento.

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