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FISCO, CON L’AUMENTO DELL’IVA SARANNO PERSI 20.000 POSTI DI LAVORO NELLA FILIERA AGROALIMENTARE, CON UN AUMENTO DEI PREZZI PER MOLTI PRODOTTI ALIMENTARI E UN CONSISTENDE CALO DEI CONSUMI. A DIRLO UNA RICERCA DI CENTROMARCA

Carrello della spesa più caro per le famiglie italiane già alle prese con consumi ai minimi termini. Carne, prosciutto, pesce, cioccolato sono i prodotti alimentari i cui prezzi finali subiranno i maggiori rincari (+1,8%) a causa del possibile ulteriore scatto dell’Iva il prossimo ottobre. Lo afferma uno studio di Ref per Centromarca (Associazione Italiana dell’Industria di Marca, www.centromarca.it). Brutta sorpresa anche per caffè, acque minerali, alcolici (+1,7%). Nel complesso, dice Centromarca, il carrello della spesa alimentare crescerà dello 0,9%, ma per bar e ristoranti i rialzi saranno più salati: +1,4%. In termini assoluti, su un intervento di aumento dell’Iva dell’ordine di 13 miliardi si può quantificare un effetto di contrazione dei consumi a prezzi costanti pari a poco piu’ di 6 miliardi, con un processo di aggiustamento che va a regime nell’arco di due anni.
Ma il paventato scatto dell’Iva oltre che sull’inflazione, non risparmierà nemmeno l’occupazione: la variazione delle aliquote potrà determinare a regime una perdita complessiva di 100.000 posti di lavoro. La contrazione riguarderà vari settori, a cominciare dal settore alimentare: 20.000 - calcola lo studio - i posti in meno nella filiera agroalimentare, di cui 4.500 nel commercio, 3.800 circa nell’agricoltura, oltre 2.600 tra bar e ristoranti, 3.500 nell’industria alimentare. In termini di consumi, l’impatto sarà altrettanto depressivo: il prevedibile aumento dei prezzi finali ai consumatori, “riduce il potere di acquisto delle famiglie” afferma l’indagine, calcolando che la variazione delle aliquote peserà per 528 euro di maggior esborso annuo a famiglia, pari a 44 euro al mese. Ciò determinerà a caduta una contrazione della spesa: pari a 250 euro l’anno a famiglia, che contrarrà di 29 euro i propri consumi alimentari e di 220 euro il resto.
L’impatto inferiore dell’Iva sui prezzi degli alimenti (0,9%), rispetto ai non alimentari (1,6%) e’ legato all’interno del comparto - spiega lo studio - alla presenza in questo comparto di diversi prodotti con Iva agevolata al 4%, che non vengono quindi toccati dalla manovra. Minimi ad esempio la variazione su latte e formaggi (0,2%), nulla su oli, grassi. Sfiorerà invece il 2% (1,8%) il caro-alimentari presso i pubblici esercizi. Le stime del Ref sul carovita nel biennio 2012-2013 sono meno ottimistiche di quelle contenute nel Documento di Economia e Finzanza (Def) del Ministero dell’Economia: in entrambi gli anni sarà superiore al 3%, sempre per effetto delle variazioni Iva. Ripercussioni anche sul Pil la cui contrazione sarà di poco superiore ai 6 miliardi, determinando un maggior deficit per oltre 3 miliardi e riducendo a meno di 10 miliardi il beneficio effettivo della manovra sul bilancio pubblico.

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