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Fonte Adnkronos - Politica & potere a tavola, dalla prima alla terza Repubblica: gli intrecci tra leader politici, “potenti” e cibo nella “dolce vita” (anche alimentare) di Roma, dai fasti nascosti del dopoguerra agli “attovagliamenti” odierni

A tavola non si invecchia, e, come possibile corollario, si potrebbe dire che a tavola siamo tutti uguali, perché, al netto delle possibilità economiche di ciascuno, il richiamo dello stomaco - e della gola - è impossibile da ignorare, che si sia cittadini comuni, capitani d’industria o, perché no, Presidenti del Consiglio dei Ministri. E sbirciando tra le abitudini alimentari dei leader di ieri e di oggi, come fatto con una panoramica storica da Adnkronos, si scopre che non si risparmiano a tavola, e che in materia di gola ognuno di loro ha un vezzo.
C’è Raffaele Fitto che va matto per il sushi, e appena può mangia al giapponese sotto casa, “Daruma”, in piazza Montecitorio - passione che lo accomuna a molti parlamentari del “Cinque Stelle”. C’è poi il grande capo Beppe Grillo, che preferisce invece chiudersi nel roof garden dell’Hotel Forum a rione Monti, suo quartiere generale quando è in trasferta a Roma. Il leader M5S, soprattutto d’estate, pranza e cena infatti lontano da occhi indiscreti all’ultimo piano del suo albergo con vista sui Fori Imperiali. Qualche volta va anche all’osteria “Corte del Grillo”, nota per i piatti di pesce, proprio sulla salita resa celebre dal film di Mario Monicelli con Alberto Sordi nei panni del Marchese del Grillo. Ed è stato pizzicato anche da “Maccheroni”, in piazza della Coppelle, vicino piazza Montecitorio. Poco si sa sui gusti dell’ex comico genovese: quando ancora parlava con i giornalisti, durante la campagna per le regionali siciliane, Grillo rimase colpito da una delle specialità palermitane più famose, il “pani ca’ meusa” (panino con la milza). E anche in occasione della kermesse Italia del movimento da lui fondato non ha lasciato il capoluogo siciliano prima di addentare il classico panino. Il Premier Matteo Renzi, molto attento alla forma e alla privacy culinaria, centellina le sue uscite gastronomiche: di solito a palazzo Chigi spizzica una pizza e beve Coca Cola light con i suoi più stretti collaboratori - lo stesso menu low cost offerto a Tony Blair in occasione di una cena, abbastanza incredibilmente. Ma è stato avvistato in questi due anni di vita capitolina anche da Roscioli, in via dei Giubbonari (forse conquistato dalla carbonara o dalla cacio e pepe per cui la salumeria è famosa) e ai tavolini di “Baccano”, il locale vintage vicino al teatro Quirino, sulle orme del “Balthazar” di New York, dove ha apprezzato gli spaghetti burro e alici. Poi c’è Eataly, regno di Oscar Farinetti, da sempre sostenitore di Renzi: tutti ricordano i panini arrivati nella prima direzione del Pd a Firenze, e “firmati” proprio dalla catena di store alimentari dell’imprenditore di Alba. Nelle sale riservate all’ultimo piano della sede romana di Eataly, il premier ha tenuto anche qualche riunione con i suoi fedelissimi. In particolare, Renzi sarebbe goloso di carne cruda. Ma raramente il presidente del Consiglio viene pizzicato mentre manda giù un boccone. L’ultima volta, “paparazzata” a dovere, risale al gennaio del 2013, quando l’allora sindaco di Firenze e il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, fecero un pranzo riparatore di inizio anno da “Il Grano” (molto frequentato dalla leadership Pd). I due, per la cronaca, ordinarono polpettine di brasato e vino rosso. Nel tempo, il premier si è avvicinato agli chef stellati, tanto da lanciare la “diplomazia del buono”: l’incontro bilaterale Italia-Francia si è concluso addirittura con una cena all’“Osteria Francescana” di Massimo Bottura, a Modena, mentre resta nelle cronache una cena con Benjamin Netanyahu all’“Enoteca Pinchiorri”, tre stelle Michelin, a Firenze.
Un altro toscano che si è convertito ai piaceri delle tavole romane è Denis Verdini. Il leader di Ala è ospite fisso de “Il Moro”, vicino alla Fontana di Trevi, dove ama gustare la specialità della casa: la pasta alla Moro, appunto, una sorta di amatriciana bianca, spaghetti con le telline o l’immancabile gratin di cannolicchi. Un must della cucina di casa Berlusconi resta il menu tricolore, preparato dallo chef personale Michele Persechini: antipasto di caprese, pasta al pesto, pennette al pomodoro e ai quattro formaggi con tagliata e verdure, gelato fragola, pistacchio e crema per dessert. Banditi cipolla, aglio e peperoncino. La fidanzata del “Cav”, Francesca Pascale, invece, ha un debole per “Baghetto”: si racconta che sia stata lei a portare l’ex premier nello storico ristorante kosher di Roma.
Non basta la pur non certo avara buvette di Montecitorio, dunque, per gli onorevoli quando calano nella capitale. Anche in tempi di austerity, Deputati e Senatori preferiscono staccare la spina dalle Aule di Camera e Senato concentrandosi nei locali attorno al Parlamento, tant’è che la mappa enogastronomica del potere va aggiornata continuamente, dato che comprende ristoranti, hotel, enoteche e bar sparsi in tutto il centro storico. Tra gli indirizzi della nomenclatura politica più gettonati restano il mitico “Fortunato” al Pantheon, frequentato anche dai grillini, e “Da Gino” a un passo dal Parlamento, noto per le fettuccine. Da sempre, del resto, cibo e potere vanno a braccetto: Camillo Benso di Cavour, statista e raffinato gourmet, amava ricordare che “cattura più amici la mensa che la mente” - e infatti le alleanze più importanti della sua carriera le strinse a tavola. La prima grande svolta della Repubblica, il varo del centrosinistra del 1960, si tenne all’ora di pranzo, presenti da “Giggetto il pescatore” Amintore Fanfani, Giuseppe Saragat e Ugo La Malfa,e non erano solo i big della Democrazia cristiana ad essere soliti organizzare cene conviviali. I socialisti si ritrovavano da “Alfredo” in piazza Augusto imperatore e “Settimio” al Pantheon era la base di Pinuccio Tatarella, il ministro dell’Armonia, che riuniva i suoi parlamentari. E non a caso, anche la letteratura tra cibo e potere è sterminata: si va dal “patto della crostata”, stretto nel ’97 tra Massimo D’Alema, Gianfranco Fini, Silvio Berlusconi e Franco Marini a casa di Gianni Letta alla Camilluccia, al frugale pasto delle sardine chez Bossi, che sancì il ribaltone del ’94, per poi concludere con la torta vegana con cui il grillino vicepresidente della Camera Luigi Di Maio ha festeggiato i suoi 30 anni il 6 luglio scorso.

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