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FONTE ANSA - VICENDA PARMALAT: PERQUISITE 4 BANCHE E 2 SOCIETA’ DI CONSULENZA, CONTESTATO ANCHE L’INSIDER TRADING. SCHEDA - DA PATTO TRA FONDI A BLITZ LACTALIS DUE MESI SOTTO LA LENTE DELLA PROCURA DI MILANO

Sono sei tra banche e società di consulenza le sedi perquisite dal Nucleo Valutario della Guardia di Finanza di Milano nell’inchiesta sulla scalata di Lactalis e Parmalat, nella quale oltre all’aggiotaggio informativo è contestato anche l’insider trading. Da quanto si apprende i militari hanno perquisito gli uffici milanesi di Intesa Sanpaolo, di Socgen, di Lazard e del Credit Agricole e poi quelle di due società di comunicazione, Brunswick e Image Building. Ma il Gruppo Lactalis, in relazione alle news diffuse oggi dalle agenzie di stampa, comunica “di non essere oggetto di alcuna indagine giudiziaria. Certo della totale correttezza e trasparenza delle sue operazioni di acquisto di azioni di Parmalat Spa, il gruppo Lactalis è a completa disposizione delle autorità”.
Fabio Cané, responsabile dei progetti speciali e dei private equity della divisione corporate e investment banking del gruppo Intesa Sanpaolo diede alla moglie Patrizia Micucci, responsabile per l’Italia della divisione Coverage & Investment banking di SocGen ed advisor per conto di Lactalis, informazioni privilegiate favorendo così la scalata del gruppo francese della famiglia Besnier. Lo si evince dal decreto di perquisizione notificato dal Nucleo valutario della Guardia di Finanza di Milano nell’operazione di oggi, avvenuta nell’inchiesta sulla scalata di Parmalat da parte di Lactalis.
Nel documento si legge che Cané, già dal 18 marzo del 2011, era “in possesso di informazioni privilegiate” relative al prezzo che Intesa Sanpaolo avrebbe dovuto offrire per l’acquisizione del 15,3% delle azioni del gruppo di Collecchio dai tre fondi esteri, informazioni che “al di fuori del normale esercizio della sua funzione, avrebbe comunicato a Patrizia Micucci, “permettendo” così alla multinazionale francese “di offrire un prezzo poco superiore a quello di Intesa, sufficiente però ad acquistare il 22 marzo il 15,3% del suddetto capitale”. Secondo l’ipotesi accusatoria, la rivelazione di queste informazioni privilegiate avrebbe “influito in modo determinante sulla conclusione dell’operazione”.
Patrizia Micucci, responsabile per l’Italia della divisione Coverage & investment banking di SocGen ed advisor per conto di Lactalis, Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia, e Massimo Rossi, candidato per il cda di Parmalat nella lista presentata dai tre fondi esteri diffusero false notizie al mercato “ponendo in essere artifizi concretamente idonei ad alterare il corso del titolo Parmalat”. Lo si legge nel decreto di perquisizione notificato oggi nell’inchiesta della Procura di Milano sulla scalata del gruppo di Collecchio da parte della multinazionale francese. Secondo l’inchiesta, l’ipotesi di aggiotaggio contestata ai tre si basa su un comunicato diramato il 25 gennaio in cui si fa riferimento all’accordo di coordinamento dei tre fondi esteri. Salvo poi pubblicare il 28 gennaio, richiesta da Consob, il patto parasociale stipulato sempre tra i tre fondi da cui risultava invece un “accordo di voto”. Inoltre, il reato contestato si base anche su una dichiarazione resa da Salvatori alla stampa l’8 marzo 2011, e infine sul comunicato in cui SocGen definiva per conto di Lactalis, l’acquisto delle partecipazioni dai tre fondi esteri. Le indagini finora condotte hanno evidenziato “elementi di riscontro” rispetto al ruolo avuto da Patrizia Micucci, la quale ha coordinato l’operazione che, alla fine, ha permesso a Lactalis di arrivare a detenere il 29% del capitale di Parmalat stipulando anche 3 o più contratti di equity swap con la stessa SocGen e con Credit Agricole.

La scheda - Parmalat: da patto tra fondi a blitz Lactalis, due mesi sotto la lente delle Procura di Milano
Due mesi di annunci e colpi di scena col titolo Parmalat sulle montagne russe in Borsa. Sono gli ingredienti della scalata di Lactalis a Parmalat, finita sotto la lente della Procura di Milano. Ad aprire le “ostilità” sul gruppo alimentare, tornato a Piazza Affari nel 2005 dopo il crac del 2003, sono all’inizio di quest’anno tre fondi esteri: Mackenzie, Skagen e Zenit. Hanno in mano il 15,6% del capitale e il 26 gennaio 2011 annunciano di volersi presentare uniti, a fine aprile, all’assemblea di Parmalat per cambiare la gestione.
Mentre si inizia a parlare di una cordata per difendere l’italianità dell’azienda e rispunta il nome di Granarolo, viene annunciata l’11 marzo 2011 la lista dei fondi esteri per il nuovo Cda. Una settimana dopo (17 marzo) entra in scena la francese Lactalis, che annuncia di avere l’11,4% di Parmalat tra quote dirette e opzioni all’acquisto.
Il gruppo della famiglia Besnier ha infatti stipulato un equity swap con Socgen (il 10 marzo) e con Credit Agricole. Esercitando l’opzione a piccoli passi, nei giorni successivi la societa’ transalpina si porta al 13,7% del capitale di Parmalat. Crescono, intanto, le manovre sotto la regia di Intesa Sanpaolo per metter insieme una cordata italiana.
Ferrero, il colosso della Nutella, sta guardando il dossier e il 18 marzo conferma il possibile interesse. I fondi esteri parlano di una volontà di difendere l’italianità, ma Lactalis fa un blitz e mette sul piatto 2,8 euro per azione. L’offerta è una di quelle cui non si può dire no: il 22 marzo il pacchetto passa ai francesi, che salgono così al 29% di Parmalat.
Sono questi i passaggi sui quali vuole ora far luce la Procura di Milano, ma la storia non finisce qui. Ci sono almeno altre tre date da ricordare. Il 23 marzo 2011 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto anti-Opa. Forte delle nuove norme, con in mano una lettera delle banche italiane, il cda Parmalat il primo aprile rinvia l’assemblea a giugno. Il 25 marzo il Pm Eugenio Fusco ha aperto un fascicolo sulla scalata di Lactalis al gruppo di Collecchio. Il mese successivo, il 26 aprile 2011, Lactalis ha annunciato un’Opa volontaria su Parmalat a 2,6 euro per azione.

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