I primi 5 mesi del 2022 raccontano le ottime performance del Giappone, almeno dal punto di vista del vino italiano, che ha spedito verso Tokyo 77,7 milioni di euro di vino, il 17,3% in più dello stesso periodo del 2021, unico mercato asiatico in crescita. Eppure, il rapporto tra il Giappone ed il vino è assai complesso, e oggi sta vivendo un momento di grosso cambiamento dopo anni di logoramento. Come racconta l’ultimo report di Wine Intelligence sul mercato nipponico, i consumi di vino vengono da anni di stagnazione, e con la pandemia, nel 2020 e 2021 i volumi sono crollati di un ulteriore 15%, portando la quota dei consumi enoici, sul totale dei consumi di bevande alcoliche, sotto il 4%, con un calo dello 0,5% in due anni
In gioco, ci sono diversi fattori, ma il più importante riguarda un diffuso disamore per il vino: quasi quattro milioni di consumatori di vino hanno smesso di berlo tra il 2018 e il 2022, nonostante la popolazione adulta sia rimasta stabile. Il Covid ha sicuramente contribuito alla perdita di alcuni di questi bevitori, in particolare nell’on-trade, ma è evidente che il calo nel numero dei consumatori complessivi è fondamentale nel crollo dei consumi. Anche perché, i wine lover giapponesi sono sempre più vecchi: i due terzi dei bevitori di vino in Giappone hanno 55 anni o più, ma erano meno della metà nel 2018. Conquistare i giovani diventa allora la vera sfida, che non riguarda solo il vino, ma più in generale i consumi di alcolici, con risvolti economici, per i conti pubblici, tutt’altro che banali.
Secondo i dati della National Tax Agency, riportati dal “The Guardian”, le tasse sugli alcolici hanno rappresentato l’1,7% dei contributi incassati dallo Stato giapponese nel 2020, ossia 8,5 miliardi di euro, il 3% in meno del 2011 e il 5% in meno del 1980. Un calo verticale, raccontato bene dal calo dei consumi: se nel 1975 in Giappone si bevevano in media 100 litri di bevande alcoliche pro capite l’anno, nel 2020 la media si fermava a 75 litri, il 25% in meno. In controtendenza rispetto a qualsiasi politica europea attuale, così, il Governo di Tokyo ha pensato bene di lanciare un concorso di idee, che si chiama “Sake Viva!” aperto a tutti, per incoraggiare i più giovani (20-39 anni) a bere. Nuovi prodotti, design, campagne pubblicitarie, nuovi modelli di vendita sul metaverso: c’è tempo fino al 9 settembre per presentare le proprie proposte, e convincere i giovani giapponesi a bere (qui il sito dell’iniziativa governativa: https://sakebiba.jp/).
Tornando al vino, e all’analisi di Wine Intelligence, l’aspetto positivo è che per quanto il numero dei consumatori si restringa, la comunità dei wine lover giapponesi è sempre più coesa ed entusiasta, ed il coinvolgimento è maggiore proprio tra i più giovani - Gen Z, Millennials e Gen X -, aspetto che permette un certo ottimismo in ottica futura. Il crescente coinvolgimento dei consumatori di vino si riflette poi in una sete di conoscenza che cresce sempre di più, e che riguarda brand, Paesi e territori e che si manifesta praticamente in un ampliamento costante del numero di etichette in commercio, per rispondere alla curiosità e a questa nuova consapevolezza dei consumatori, con vini da territori sempre nuovi e ad ogni fascia di prezzo.
In questo modo, la voglia di scoprire cose nuove facilita anche lo sviluppo del segmento dei vini alternativi, tutti in crescita tra il 2017 ed il 2020, a partire dai vini naturali, seguito, specie nelle preferenze dei Milliennials, dai vini analcolici e da quelli a bassa gradazione alcolica. Saranno proprio i Millennials, insieme a Gen Z e Gen X, a far risalire i consumi di vino ed a plasmare il wine lover del Giappone di domani, che sfugge a definizioni e modelli di consumi precisi, alla continua ricerca di cose nuove ed opportunità, ma spesso più attratto dal vino che dal Sake.
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