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GIAPPONE: L’INCUBO CARO SUSHI CON PESCATORI IN SCIOPERO ... LA PRIMA PROTESTA ASSOLUTA CONTRO IMPENNATA PREZZI CARBURANTI

Per un giorno il Giappone ha testato una sorta di incubo: prezzi del pesce per sushi e sashimi in rialzo, fortunatamente solo per poche ore. E’ l’effetto più immediato della protesta dei pescatori del Sol Levante che, incrociando le braccia e lasciando più di 200.000 pescherecci ancorati nei porti, hanno mandato in scena una dura manifestazione contro il caro gasolio, in quella che è stata la prima di questo genere a livello nazionale.

Oltre 400.000 pescatori hanno protestato in tutto il Paese contro gli aumenti record registrati dai prezzi dei carburanti, per quella che - secondo i promotori - è una situazione che rischia di mettere in crisi l’intero settore ittico già alle prese con profitti sempre più risicati. Una nutrita delegazione, composta da 3.000 persone, si è riversata per le strade di Tokyo circondando i ministeri nel cuore della capitale.

L’iniziativa, che ha visto scendere in campo la stragrande maggioranza delle principali organizzazioni di categoria, per chiedere “immediate misure d’emergenza per assicurare la sopravvivenza dell’industria ittica”, ha spiegato Ikuhiro Hattori, presidente della associazione delle cooperative di pescatori.
Misure fiscali e sostegni finanziari sono le richieste piovute sul tavolo del governo, mentre le proteste hanno puntano il dito, in particolare, contro la corsa al rialzo che ha interessato negli ultimi anni il carburante di tipo “Bunker A”, solitamente utilizzato dai pescherecci, rincarato dal 2004 di oltre il 150% a 106.800 yen (632 euro) per chilolitro.

Le associazione nazionali del settore hanno limitato l’agitazione a un solo giorno, cercando così di limitare il più possibile i disagi per i consumatori. Tuttavia a Tsukiji, il mercato del pesce più grande al mondo situato nel centro di Tokyo, sono stati registrati in prima mattinata prezzi in rialzo rispetto al solito, sui timori di una maggiore richiesta a causa del taglio delle scorte.

Il governo nipponico per il momento non ha voluto prendere in considerazione misure speciali, ma attuare provvedimenti già previsti (215 miliardi di yen extra per l’anno fiscale 2007) per alleviare l’impatto del caro petrolio sulle tasche di produttori e consumatori.

“Siamo ben consapevoli del problema carburanti nel settore ittico - ha dichiarato il ministro delle Finanze, Fukushiro Nukaga - ma la priorità è mettere in pratica gli interventi programmati”.

Un recente studio dell’organizzazione per la promozione della pesca responsabile del tonno (Oprt), con sede nella capitale nipponica, ha stimato che il caro gasolio potrebbe costringere presto il 30% dei pescherecci di tutto il mondo a rimanere inattivi nei porti.

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