Gli italiani nel biennio 2015 - 2016 hanno ricominciato a spendere per il cibo, aumentando le spese dell’1,1%. E lo fanno puntando alla qualità dei prodotti, preferendo spendere qualche euro in più. Emerge nella ricerca “Il futuro dell’alimentazione: tra stili di vita contemporanei e nuovi modelli di fruizione”, realizzata dal Censis per Nestlé Italia e presentata dal direttore generale dell’istituto, Massimiliano Valerii.
Non sono, quindi, attenti al prezzo (1,3%) ma alle caratteristiche legate alla trasparenza delle informazioni (94,4%), funzionalità (88,4%), salute (84,6%), eticità (83,5%): a questo si aggiunge l’italianità, valore per il quale chi compra è disposto a pagare qualcosa in più (85,5%).
Il consumo alimentare è calato del 10,7% dal 2007 al 2016, per cui l’aumento degli ultimi due anni è un dato che da speranza: la quota di spesa alimentare sul totale dei consumi delle famiglie italiane è assestata al 14,3%, una cifra superiore alla media degli altri Paesi europei.
“Più si ampliano offerta e canali, e più la marca assume un ruolo di guida e di garanzia per gli italiani, compresi i Millennial - ha spiegato Valerii - che sono disposti a pagare di più per il prodotto di marca, soprattutto quando comprano alimenti salutistici (71,1%), cibi pronti o semipronti (69,6%), prodotti nei distributori automatici (71,3%)”.
“Nei grandi cambiamenti di abitudine l’italianità ha ancora - ha spiegato Massimo Ferro, direttore Corporate Strategy di Nestlé in Italia - un ruolo fondamentale. Noi crediamo che quando l’eccellenza italiana incontra quella industriale, tecnologica e una visione di lungo periodo, magari basata sul brand, si può creare un fenomeno economico”.
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