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GLI ITALIANI SI RIPRENDONO I LORO PRODOTTI: INVERSIONE DI TENDENZA SUL SETTORE ALIMENTARE

I colossi esteri vacillano e i gruppi italiani sono all'attacco: l'obiettivo è quello di riprendersi i prodotti italiani e piazzarli sul mercato col valore aggiunto della qualità e della provenienza. Negli anni ’80 i big stranieri si strappavano di mano a suon di miliardi i marchi migliori del settore alimentare di casa nostra ora stiamo assistendo al fenomeno opposto. I gruppi italiani stanno per riconquistare fette importanti di mercato.Si assiste così ad un lento ritorno di alcuni dei nomi più noti della nostra tavola. La stessa Star, ad esempio, è stata "strappata" dai Fossati ai francesi della Danone. Ma nell’arco di pochi anni sono tornati italiani anche la pasta Agnesi (da Paribas a Colussi), i salumi Negroni e Fini (da Kraft a Casa Veronesi) e Vismara (da Nestlé a Ferrarini), l’Olio Sasso (da Nestlé a Prudentia). E persino la Galbani, già passata da Danone al fondo di private equity Bc Partners, secondo indiscrezioni attendibili è già nel mirino della Parmalat. Vent’anni fa le multinazionali hanno avviato lo shopping indiscriminato di marchi per garantirsi una massa critica tale da gestire in posizione di forza il rapporto con la grande distribuzione oggi sembra sia stata avviata un'inversione di tendenza. Il panorama dei big italiani del settore conferma che ci sono forti cambiamenti inatto. La fortuna di Parmalat (malgrado i guai sudamericani) Ferrero e Barilla è incardinata sulla linearità delle loro strategie, focalizzate su pochi e precisi settori in cui sono cresciuti a livello internazionale. Alle loro spalle, salvo qualche eccezione, c’è però il vuoto. Il sistema alimentare italiano è fatto di 70mila aziende con una media di occupati di 6 dipendenti per azienda, contro i 12 dell’Europa.Il valore aggiunto del made in Italy, del tutto immune dal rischio globalizzazione, sembra cosaì tornare nelle mani degli italiani. Il processo di consolidamento dei marchi di prosciutti e salumi in mani italiane, ad esempio, oltre a salvaguardare la qualità dei prodotti da improbabili imitazioni d’oltrefrontiera, ha consentito di avviare campagne mirate all’estero. Il nostro vino ha conquistato la leadership delle tavole americane. Le nicchie di qualità sono già oggi le voci di crescita più dinamiche del settore. Le specialità da Gourmet, nicchie privilegiate e di grade qualità - dal lardo di Colonnata al culatello di Zibello, fino ai tartufi d’Alba - crescono ad un incoraggiante ritmo del 10% annuo. Anche il caso Cirio conferma la rimonta delle aziende italiane nel settore alimentare. Tutti i pretendenti alla Cirio hanno una caratteristica in comune: sono italiani. Un evento che soltanto quindi anni fa sarebbe stato impossibile. Proprio l’affollamento di pretendenti per la Cirio è però il segnale che qualcosa sta cambiando. Secondo gli esperti ora è il momento di acquistare per aumentare la capacità competitiva del nostro Paese puntando non sui prezzi ma sulla qualità. Sul fronte dei costi la nostra industria sarebbe inevitabilmente esposta a una competizione penalizzante, le opportunità di crescita sono sul fronte della qualità.

Mariangela Galgani

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