La Commissione Unione Europea ha presentato la proposta definitiva per una nuova norma sugli imballaggi, che alza ulteriormente i target sul riciclo e su riuso, puntando forte sul vuoto a rendere di vetro e lattine più che sulla filiera del riciclo, di cui, invece, l’Italia è primatista in Europa. L’obiettivo, come ha spiegato ieri, presentando la proposta sul packaging, il vicepresidente della Commissione Unione Europea, Frans Timmermans, è quello di ridurre i rifiuti di imballaggio del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040 rispetto ai valori del 2018. Inoltre, tra le novità introdotte dal documento della Commissione Unione Europea, c’è quella di rendere entro il 2030 tutto il packaging riciclabile e di dotarsi di sistemi di vuoto a rendere per bottiglie e lattine, spingendo per le pratiche di riutilizzo e riempimento.
Questo presuppone che, ad esempio, dal 1 gennaio 2030, il 20% delle vendite di bevande da asporto dovrà essere servito in imballaggi riutilizzabili, per arrivare all’80% nel 2040. E ancora, saranno vietate le confezioni monouso in bar e ristoranti, come le bustine di zucchero o le bustine di olio, diventate obbligatorie durante la pandemia. Anche il vino, che ha nel vetro il suo materiale più prezioso, e che non ha mai avuto una filiera del riuso, dovrà attenersi alle nuove regole, con target più bassi (indicati dall’articolo 26, ndr), e mille difficoltà, perché una bottiglia su due prodotta in Europa finisce su un mercato diverso da quello di produzione, ma anche perché la bottiglia è spesso parte integrante della comunicazione del brand, e va comunque considerata l’importanza di un packaging di qualità per quello che è uno dei prodotti a maggior valore aggiunto dell’agroalimentare europeo.
Come ricorda, però, il quotidiano “Il Sole 24 Ore”, l’industria italiana del riciclo - che, secondo uno studio Symbola/Comieco del 2021, vale un fatturato complessivo di 70 miliardi di euro - ha espresso forti preoccupazioni per il provvedimento nelle ultime settimane. Rimane dubbiosa Confindustria, che ne rimarca gli elementi critici: “bandi a prodotti, target di riutilizzo in alte percentuali, lo scardinamento dei modelli virtuosi di responsabilità estesa del produttore costruiti inoltre 25 anni di sforzi e investimenti da parte dell’industria sulla base degli indirizzi europei. L’obiettivo sembra essere quello di orientare i consumi verso la promozione di filiere corte e farm-to-fork, incoraggiando i prodotti sfusi e il riutilizzo degli imballaggi a scapito del riciclo”.
Non è un caso, che di fronte a queste preoccupazioni, una parte del discorso di ieri di Timmermans sia stata in italiano, così da rassicurare l’imprenditoria del Belpaese. “Nessuno vuole mettere fine alle pratiche di riciclo che funzionano bene, o mettere in pericolo gli investimenti. So che in Italia moltissimo già è stato fatto sul riciclo, vogliamo ancora di più, non di meno, non c’è competizione tra i due approcci”, ha detto il vicepresidente della Commissione Unione Europea. “Non tutte le pratiche di riciclo funzionano veramente bene, ma il riutilizzo non è in competizione con il riciclo, abbiamo bisogno di entrambi gli strumenti, come di più impianti per il trattamento dei rifiuti. Se l’obiettivo è diminuire i rifiuti di materiale di imballaggio, e quindi anche il materiale di imballaggio usato, il riutilizzo degli imballaggi è, chiaramente, uno dei modi migliori per raggiungere questo obiettivo. La Unione Europea - ha concluso Timmermans - sta finalmente stabilendo le condizioni per promuovere questa pratica in tutta Europa nei settori dove il riutilizzo ha senso, perché il riutilizzo ha benefici ambientali maggiori del monouso”.
Focus - Confagricoltura: le critiche
La proposta di regolamento sugli imballaggi, ufficializzata con un comunicato stampa della Commissione Europea, “conferma tutte le preoccupazioni che già avevamo denunciato e che emergevano da una prima lettura delle bozze circolate informalmente. Si è scelto di mantenere l’impostazione di Regolamento direttamente applicabile quando sarebbe stato opportuno preferire la “direttiva” come strumento legislativo, così da permettere ad ogni Stato Membro di avere più tempo nel recepire il dettato comunitario e più spazio di manovra per identificare specifici bisogni del proprio tessuto imprenditoriale”.
Altra criticità che viene confermata è “legata all’aumento dei costi che inevitabilmente la ricerca di materiali alternativi (con le alte percentuali di riciclato richiesto) a quelli che vengono banditi, genererà. Enormi e di forte impatto, inoltre, le ricadute in termini di sicurezza alimentare e qualità organolettiche per prodotti considerati tra i più deperibili. Preoccupano, poi, l’esiguo lasso di tempo concesso per il passaggio al bio e al compostabile di alcuni materiali e il divieto di utilizzare imballi monouso per i prodotti ortofrutticoli freschi. Confermate, infine, le rigide disposizioni che regoleranno l’etichettatura degli imballaggi. Confidiamo che, nel passaggio che attende il provvedimento in Parlamento europeo e in Consiglio, si possano superare le diverse criticità registrate e che si avvii un percorso condiviso, graduale e armonizzato. Un percorso che è mancato e senza il quale siamo convinti che la transizione enfatizzata nel comunicato della Commissione, non possa dirsi pienamente compiuta e sostenibile perché incompatibile con le esigenze e le peculiarità dei diversi settori e con obiettivi realistici ed economicamente percorribili. Una mancanza di realismo, quella dei commissari, ancora più lampante se si considera la situazione di tempesta perfetta o di “policrisi”, come è stato definito proprio a livello comunitario il complicatissimo contesto climatico, politico, storico ed economico - con tutti i principali input produttivi al rialzo - in cui si trova ad operare il settore primario”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024