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GRANO: DA LIMITI EXPORT UCRAINA RISCHIA ANCHE BIRRA. LO DICE LA COLDIRETTI

La decisione dell’Ucraina di limitare le esportazioni di grano ed orzo ad un massimo di 3,5 milioni di tonnellate fino alla fine dell’anno ha fatto tornare a salire i prezzi del grano e delle altre materie prime. Lo afferma la Coldiretti nel commentare l’annuncio del Ministro dell’Agricoltura dell’Ucraina Mykola Prysyazhnyuk del limite alle esportazioni che entrerà in vigore dal 1 settembre alla fine dell’anno (che sarà formalizzata nel Consiglio dei Ministri del 18 agosto). L’Ucraina oltre ad essere - sottolinea la Coldiretti - il sesto esportatore mondiale di grano, con 21 milioni di tonnellate nel 2009, è soprattutto il principale esportatore di orzo e la preoccupazione sull’andamento dei prezzi al consumo si estende dalla pane e pasta alla birra.

L’ex repubblica sovietica ha subito gli effetti del caldo e della siccità che ha colpito anche la confinante Russia che è il terzo esportatore mondiale di grano ed ha esteso il bando alle esportazioni in aggiunta al grano e alla farina anche al riso, all’orzo, avena e mais, per garantirsi adeguate riserve interne, dal 15 agosto alla fine dell’anno.

Una decisione giustificata dalla necessità di garantire il fabbisogno interno con il crollo del 30% della produzione che in Russia non dovrebbe superare le 60 milioni di tonnellate (era 90 milioni nel 2009). Dopo il crollo dell’impero sovietico le imprese agricole pubbliche sono state privatizzate con un aumento della produttività che - precisa la Coldiretti - ha fatto del mercato del grano sovietico un punto di riferimento a livello internazionale anche per gli elevati volumi di esportazione che sono stati pari a 21,4 milioni di tonnellate nel 2009, pari a oltre cinque volte la produzione italiana di grano tenero.

Le nuove prospettive di mercato, con l’annuncio del Kazakhstan di essere riuscito a salvare dalla siccità l’80% della produzione di grano per un totale di oltre 15 milioni di tonnellate, hanno contributo a far salire i prezzi che per il grano sono sopra i 7 dollari a bushel (0,2 euro al chilo), circa il 50% superiori a quelli di due mesi fa al Chicago Board of Trade, dove il record risale al marzo del 2008 quando è stato raggiunto il valore massimo del grano a 13 dollari per bushel (27,2 chili).

L’Italia è fortemente dipendente dall’estero e - sottolinea la Coldiretti - importa circa 4 milioni di tonnellate di frumento tenero che coprono circa la metà del fabbisogno essenzialmente per la produzione di pane e biscotti mentre 2 milioni di tonnellate di grano duro arrivano in un anno in Italia per coprire oltre il 30% del fabbisogno per la pasta. In altre parole - precisa la Coldiretti - è fatto con grano importato dall’estero un pacco di pasta su tre e circa la metà del pane in vendita in Italia .Si tratta del risultato delle scelte poco lungimiranti fatte nel tempo dall’industria italiana che - continua la Coldiretti - ha preferito fare acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato.

Per contrastarle queste logiche è nata la più grande società di europea di trading dei cereali di proprietà degli agricoltori, varata nel luglio 2010, che - conclude la Coldiretti - ha il compito di gestire oltre 20 milioni di quintali di prodotto tra grano duro destinato alla produzione di pasta, grano tenero per il pane, girasole e soia, esclusivamente di origine italiana e garantiti non Ogm. La società denominata “Filiera Agricola Italiana” è partecipata da 18 Consorzi Agrari, 4 cooperative, 2 organizzazioni dei produttori, una società di servizi di Legacoop e Consorzi Agrari d’Italia e ha il compito di gestire la contrattualistica nella coltivazione e nella commercializzazione dei seminativi prodotti in tutto il Paese.

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