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GUALTIERO MARCHESI SI CONFESSA … E SCRIVE UNA LETTERA APERTA RACCONTANDO SE STESSO, LA SUA CUCINA E IL RAPPORTO CON LE GUIDE

Cari amici,
da un mese ho aperto il Ristorante Teatro Alla Scala Il Marchesino e la domanda che più insistentemente mi è stata rivolta dai giornalisti è se punto a una stella. La frase, sempre uguale, ossessiva, sembra quasi sottolineare che chi apre un ristorante lo fa solo per quel motivo. Io ho aperto il Marchesino soprattutto per me stesso, per Milano e perché Milano e l’Italia nel mondo sono La Scala.
Trovo ingiusto pensare che un giovane cuoco metta in gioco se stesso e il suo futuro per accondiscendere un giudizio e non, semplicemente, tentare di esprimere ciò che ha dentro. Se si fa qualcosa per lusingare e farsi riconoscere dalle guide si finisce per raggiungere uno scopo che ti allontana dalla professione e dalla libertà. Solo chi sta nel mestiere ne conosce tutte le implicazioni e solo chi resta libero può interpretare la cucina in modo personale.
Per questo, dopo quello che ho fatto e dato in sessant’anni, e in difesa di chi inizia questo lavoro, non accetto più l’altalena dei punteggi. Libere le guide di citare i miei ristoranti, libero Gualtiero Marchesi di non riconoscere l’ineluttabilità dei loro giudizi. L’unico a cui tengo è quello di chi si siede a tavola senza preconcetti, per gustare un piatto. Al cliente si può e si deve una totale dedizione, non alle guide.
Ad Erbusco, da più di due anni chiedo ai miei clienti di scrivere su un libro il loro giudizio e la stessa cosa faccio a Milano. Sono pieni di complimenti. Conosco ristoranti che hanno ricevuto l’ambito riconoscimento e che restano misteriosamente vuoti o semivuoti. Forse la continua pressione a inventare qualcosa di nuovo, di inedito, di eccezionale ha offuscato la vera prospettiva che è quella di fare una cucina dove la bravura si sposi con la finezza intellettuale, ma soprattutto con la conoscenza profonda delle materie prime. L’armonia non dissacra, non stupisce, riempie e sazia.
La cucina è paragonabile all’arte? Se, si, allora nessun arte può essere valutata con un punteggio, pena l’atrofia e la morte della stessa. E chi è, in fondo, un artista? Un artigiano che a volte crea dei capolavori. Giudicatemi da questa prospettiva, per uno che studia e ama la cucina da sessant’anni e che a volte è riuscito ad andare oltre, verso l’arte.
Cari amici, sono contento, perché continuo a fare quello che mi piace e mi diverte.
Dal momento che si viene giudicati soprattutto in base a quello che piace, mi accontenterò di un giudizio del genere a condizione però che non sia accompagnato da un punteggio, rendendo oggettivo ciò che non è tale. In effetti, è impossibile esprimere un parere senza applicare in qualche misura il proprio gusto personale. Pensate alla musica, quando ascoltiamo dei grandi pianisti, grandi come Artur Schnabel o Maurizio Pollini… la domanda da porsi è in che misura si sono avvicinati alla mente e al cuore del compositore, perché in fin dei conti è a lui che si deve fare riferimento.
Deve prevalere la sensibilità personale o la verità del testo, la personalità del messaggio? Sono convintissimo che nel giudicare bisogna per prima cosa conoscere e prestare la massima attenzione a chi ha composto il pezzo.
Mi torna in mente un’intervista ad un grande pianista, non ricordo più chi fosse, ma ricordo che raccontava di aver conosciuto il compositore e che da quel momento cambiò completamente interpretazione.
Forse per questo non accetto più di essere messo ai voti in funzione del gusto attuale che, in questo momento, non è più il mio. D’ora in poi accetterò solo commenti e non punteggi.
Quello che faccio ora è il frutto di un lungo percorso. E se siamo un po’ in ritardo nella realizzazione delle nuove idee per il ristorante di Erbusco - il menù meno cucina e M’Arte - dipende dal fatto che il Marchesino mi ha molto preso e mi sta tuttora impegnando. La ritengo una grande sfida con me stesso. Il Ristorante Il Teatro Alla Scala mi dà la possibilità di interpretare ogni momento della giornata. Per farlo posso contare su una brigata di cucina magnifica, nonostante io sia per natura perennemente insoddisfatto dei risultati. Guai accontentarsi. Come diceva Arnaldo Momigliano: è a causa del mutamento che la nostra conoscenza del mutamento non sarà mai definitiva. È il movimento stesso della cucina che mi interessa, il suo farsi quotidiano e imprevedibile.
Per quanto mi riguarda, penso alla scuola di Colorno, che vedo come una sorta di conservatorio della cucina, dove si fa cultura e ci si prepara professionalmente. Dove si imparano a suonare tutti gli strumenti e a diffondere nel mondo lo stile italiano. Cultura e tecnica sono due aspetti indissolubili, che vanno coltivati insieme. Non è poco e soprattutto si ricollega all’esperienza di una vita, alle decine di ragazzi cresciuti con me in cucina.
Gualtiero Marchesi 

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