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Hong Kong, sotto il martello di Gelardini & Romani Wine Auction le chicche di Toscana e Piemonte

Il 24 ottobre, al “Ciak in the Kitchen”, vecchie annate di Brunello di Montalcino e la “stella” delle vendite all’incanto, il Monfortino

Le Wine Auction di Gelardini & Romani, casa d’aste romana che ha ormai spostato stabilmente il proprio core business ad Hong Kong, sono state un presidio di normalità nel momento in cui la seconda ondata della pandemia aveva costretto, di nuovo, i Governi europei a chiudere bar e ristoranti e a limitare gli spostamenti. Ristabilita - grosso modo - la normalità, sotto il martello della Gelardini & Romani Wine Auction, nella cornice del “Ciak in the Kitchen” di Hong Kong, il 24 ottobre finiranno 591 lotti, con tanta Francia (da Bordeaux alla Borgogna, con Château Margaux, Château Mouton-Rothschild, Henry Jayer Echezeaux e Cros Parantoux, Richebourg, La Tache della Domaine de la Romanée-Conti, Musigny Roumier e fra i bianchi una selezione di Puligny Monttrachet con diversi 1er Cru del Domaine Leflaive) certo, ma soprattutto il meglio dell’Italia del vino. In una selezione che guarda al di là delle etichette più ricercate dai collezionisti, comunque presenti, portando in catalogo vere e proprie chicche, da territori e denominazioni più o meno sulla cresta dell’onda.
Procedendo in senso geografico, partiamo dalla Toscana, con il suo vino simbolo, il Brunello di Montalcino: svetta la verticale di 12 bottiglie (2 per ogni annata, dalla 2008 alla 2013) di Biondi Santi - Tenuta Greppo, insieme alle vecchie annate degli anni Settanta e Ottanta di nomi di spicco come Banfi (con le Riserve Poggio alle Mura), Col d’Orcia (con le Riserve Poggio al Vento), Ciacci Piccolomini d’Aragona, Casanova di Neri, Argiano, Nardi e Il Poggione, e a etichette di piccole griffe come Talenti, Costanti, Cupano, Siro Pacenti e Gianni Brunelli, oltre ad una curiosità come il “Prefillossero” 1985 di Lisini. Altro territorio sulla cresta dell’onda, ormai da anni, Bolgheri, con tante annate di Sassicaia (Tenuta San Guido), Guado al Tasso (Antinori), Ornellaia e Masseto. Dal Chianti Classico, da segnalare la Riserva “Il Poggio” di Monsanto, con annate come la 1968, la 1990 e la 1997, ma anche Le Pergole Torte, fra cui la 1990 in magnum, e il Tignanello della Famiglia Antinori, con le annate 1978 e 1979.
In Piemonte, oltre al più ricercato dei Barolo sul mercato secondario dei fine wine, il Monfortino di Giacomo Conterno, con annate come la 1941, la 1964 e la 1993, troviamo anche tante altre griffe delle Langhe, dai Barolo di Giuseppe Rinaldi (come Cannubi San Lorenzo Ravera e Brunate Le Coste), a quelli di Bartolo Mascarello, Burlotto, Pio Cesare, Bartolo Mascarello, Damilano, Domenico Clerico, e chicche come l’introvabile Barbera Sorì Vagnona di Gaja 1970. Oltre a Toscana e Piemonte, non si arresta l’ascesa dell’Etna, diventato velocemente il vertice produttivo della Sicilia: sotto il martello di Gelardini & Romani WIne Auction Magma di Frank Cornelissen, Vigna Barbagalli di Pietradolce, Vigna Vico di Tenute Bosco, il Rovittello di Benanti e A’Puddare della Tenuta di Fessina. Ed ancora, la Valpolicella con gli Amarone di Dal Forno, l’Abruzzo, con il Montepulciano di Masciarelli ed Emidio Pepe e il Trebbiano di Valentini, e la Campania con Mastroberardino e Terra di Lavoro.

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