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HÔTELLERIE E RISTORAZIONE (28,3%, ALLA “POSIZIONE” N. 1) E AGRICOLTURA (26,1%, N. 3) TRA I SETTORI CON IL PIÙ ALTO “TASSO DI PRECARIETÀ” SUL TOTALE DEGLI OCCUPATI (MEDIA NAZIONALE AL 14,5%). COSÌ L’ASSOCIAZIONE ARTIGIANI E PICCOLE IMPRESE DI MESTRE

Non Solo Vino
ristorazione e agricoltura tra i settori con più lavoro precario

Tra crisi economica e discussioni sul posto fisso, il lavoro precario è tornato in testa agli argomenti di cronaca. E tra hotel, ristoranti e bar, ma anche campi e aziende agricole è già una realtà più che consolidata. E da un’indagine della Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre, emerge proprio che tra i settori con il più alto “tasso di precarietà” sul totale degli occupati ci sono proprio hôtellerie e ristorazione (28,3%, alla “posizione” n. 1) e agricoltura, caccia e pesca (26,1%, al n. 3), su una media nazionale del 14,5%. Un esercito, in Italia, di 3,3 milioni di persone, di cui 337.000 tra banchi della reception e tavoli di un ristorante, e 232.000 tra i campi. Tassi di precarietà elevata che però, va detto, sono anche “congeniti” ai due settori, in cui la stagionalità dei flussi turistici in un caso, e dei diversi lavori agricoli nell’altro, spesso non gioca a favore del posto fisso. Ma qual è l’identikit del lavoratore precario? Ha uno stipendio di 836 euro al mese, un basso livello di istruzione (solo il 15% ha una laurea, e il 38,9% non va oltre la licenza media) e la Pubblica Amministrazione (tra enti, sanità, istruzione e servizi) è il suo maggior datore di lavoro. E nella maggioranza dei casi (35,1%) lavora al Sud ...

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