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LA CURIOSITÀ

I fine wine d’Italia guardano all’Asia, tra il maturo Giappone, e l’emergente Corea del Sud

L’indagine di Nomisma Wine Monitor, per Istituto Grandi Marchi, che riunisce 18 cantine top che valgono il 4,3% del fatturato del vino italiano
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Tra Giappone e Corea del Sud, i fine wine d’Italia guardano all’Asia

Guardando ai dati più aggiornati a settembre 2023, il Giappone, tra quelli asiatici il mercato più maturo per il vino italiano, e la Corea del Sud, tra gli emergenti più interessanti, sono in netto calo, sul 2022, rispettivamente del -11,2% e del -34,5% (dati Istat analizzati da WineNews). Eppure, soprattutto in Corea del Sud, dove in 5 anni i consumi di vino (ancora bassissimi) sono cresciuti del 168%, e le importazioni raddoppiate, ma anche in Giappone, dove il valore medio delle etichette è cresciuto del +47%, ci sono interessanti margini per crescere. Soprattutto per i fine wine, i vini di pregio. Un tema al centro dell’indagine Nomisma Wine Monitor, voluta da Istituto Grandi Marchi, realtà che raggruppa 18 delle più prestigiose cantine del Belpaese (solo per citarne alcuni, da Ambrogio e Giovanni Folonari ad Antinori, da Argiolas a Ca’ del Bosco, da Carpenè Malvolti a Donnafugata, da Masi a Chiarlo, da Pio Cesare a Tasca d’Almerita, da Tenuta San Guido a Lungarotti, da Tenuta San Leonardo a Umani Ronchi), che insieme esprimono complessivamente un fatturato di 610 milioni di euro (il 4,35% del giro d’affari totale del vino italiano nel 2022) e un valore delle vendite all’estero pari al 4,25% dell’intero export enologico tricolore del 2022, con 12 Regioni rappresentate e 7.000 ettari di vigna coltivati.
L’indagine è stata sviluppata su un campione di 1.600 consumatori di vino, residenti in alcune delle grandi città giapponesi e coreane (Tokyo, Osaka, Seul e Busan) nel periodo ottobre-novembre 2023. Le prime evidenze dell’Osservatorio riguardano i comportamenti di consumo: incidenza più alta in Giappone (il 45% della popolazione consuma abitualmente vino) con target prevalente degli over 50 (Gen X e Baby Boomers); poco più bassa in Corea del Sud (39%) dove la Gen Z incide più dei Baby Boomers (18% contro 16%). Il prezzo è il principale driver di acquisto, ma anche il territorio di provenienza, (per il 34% dei consumatori giapponesi) e il valore del brand (per il 19% dei coreani), fanno la differenza durante l’acquisto e costituiscono i principali parametri per identificare un vino di alta qualità. Un altro dato rilevante emerso dall’indagine riguarda il ruolo dei ristoranti italiani da considerare come una delle principali leve di comunicazione e diffusione dei fine wines: infatti i consumatori di entrambi i Paesi considerano degustazioni e show cooking interessanti momenti di approfondimento, nonché una delle occasioni di consumo più ricercate. Riguardo al packaging, in entrambi i Paesi si fa particolare attenzione ai dettagli e ai richiami territoriali in etichetta e in Giappone emerge un grande apprezzamento per i tappi di sughero che non rappresentano invece una priorità per la Corea del Sud. Tracciato il quadro attuale delle percezioni e dei comportamenti dei consumatori dell’Estremo Oriente, l’ultima sezione dell’Osservatorio Nomisma ha riguardato le previsioni e le prospettive future che, tra l’altro, risultano positive per i fine wines italiani. “Nonostante la leadership detenuta dalla Francia con il 58% delle importazioni di vini in Giappone e il 35% in Corea del Sud - ha evidenziato Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor - il 21% dei consumatori giapponesi prevede di aumentare, nei prossimi 3 anni, il consumo dei fine wines italiani (a fronte di un 7% che, invece, presume di ridurli). In Corea del Sud le prospettive sono ancora più rosee, con quasi un consumatore su due che pensa di aumentarne l’acquisto, contro un 17% di chi invece immagina di ridurli e un 9% che non cambierà abitudine”.
“Nel continuare ad indagare con Nomisma Wine Monitor le dinamiche del segmento fine wines sui mercati internazionali, la scelta di Giappone e Corea del Sud non è casuale, visto che questi Paesi - ha sottolineato Piero Mastroberardino, presidente Istituto Grandi Marchi - volta a indagare saranno teatro della nostra missione in calendario per il prossimo novembre. L’indagine ha rivelato un quadro più che promettente, dimostrando il crescente appeal che il vino italiano di qualità gode anche nel Far East. In quest’ottica noi di Istituto Grandi Marchi da sempre ci poniamo come ambasciatori dell’eccellenza enologica made in Italy, con l’obiettivo di rendere accessibili a tutti i consumatori la tradizione, la territorialità e l’insieme dei valori etici che costituiscono il valore delle nostre etichette”.

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