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LA RIFLESSIONE

I grandi vini? Non sono (solo) investimenti: vanno bevuti e condivisi. Così la “Place de Bordeaux”

Tra mercato che non tira, costo del denaro e non solo, la visione (a Vitisphere) di Philippe Tapie di “Bordeaux Négoce”, che rappresenta i negociant
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Il magazzino del negociant Clarence Dillon

Nella crisi complessiva del vino francese, anche la “Place de Bordeaux”, il sistema secolare messo in piedi dai negociant, focalizzato dapprima sui grandi vini di Bordeaux, poi sempre più aperta ai grandi vini del mondo (e con diverse etichette top di cantine italiane importanti, con la strada aperta dal Masseto 2006, nel 2009, poi seguita dai altri produttori di primo piano con le loro etichette migliori), riflette sul suo futuro. La campagna non sfavillante del Bordeux En Primeur 2022, ma anche dei vini degli altri territori del mondo, inizia a preoccupare i negociant, che ai minori incassi vedono aggiungersi un quadro finanziario appesantito dalle scorte invendute e dell’aumento del costo del denaro, che pesa molto, visto che buona parte della liquidità, come per tutte le realtà che fanno trading (soprattutto sui “future” di Bordeaux venduto ancora in botte, prima che le annate entrino effettivamente sul mercato) è legata ai finanziamenti bancari. Senza contare quello che viene definito un vero e proprio “scollamento” tra la realtà del mercato, dove si muovono soprattutto i vini più “economici”, e i prezzi elevatissimi a cui gli Chateaux rilasciano i loro vini per esaltare annate di grande qualità. Riflessioni che arrivano da Philippe Tapie, presidente della Commissione “Grands Crus” di Bordeaux Négoce, realtà che riunisce centinaia di Negociant, che vendono 2/3 della produzione di vino di Bordeaux, e che, nel 2022, hanno mosso 354 milioni di bottiglie per un fatturato di 2,9 miliardi di euro, raccolte dal magazine francese Vitisphere. Ora, le speranze sono riposte nella prossima campagna “En Primeur” che vedrà protagonista l’annata 2023 (la “Semaine des Primeurs” 2024 è in programma dal 22 al 25 aprile a Bordeaux), che è raccontata come di alta qualità, e non piccola in termini di volumi, cosa che fa sperare (o chiedere) ai negociant un equilibrio sul fronte dei prezzi. Ma, soprattutto, da Tapie, arriva una riflessione che abbiamo ripetuto spesso, e che ben si innesta anche nella “normalizzazione” a cui si assiste sul mercato secondario dei fine wines, testimoniata dal calo in doppia cifra di tutti gli indici del Liv-Ex, dopo anni di crescita tumultuosa, come abbiamo raccontato qui. “L’impatto di una campagna di successo sarebbe forte, rilanciando tutto: i risultati, l’appetito per Bordeaux ... È imperativo avere un “elettroshock” per avere successo nell’En Primeur 2023, con vini ben riposizionati. Ora più che mai, dobbiamo rifocalizzarci sui fondamentali. I grandi vini non sono solo prodotti speculativi e finanziari. Questi vini devono essere bevuti e condivisi dai nostri consumatori finali”.
Ma se la “Place” si occupa sostanzialmente dei vini di alto livello, una riflessione è d’obbligo anche sulla crisi di Bordeaux legata ai vini di fascia più bassa, che ha portato, come abbiamo raccontato in questi mesi, ad un piano di estirpo da migliaia di ettari. “La nostra preoccupazione a Bordeaux Négoce - dice Tapie - è che nessuno venga lasciato indietro. Siamo operatori di mercato, siamo qui per commercializzare il maggior numero di vini possibile. Al momento, ci stiamo consultando con i broker e le aziende per capire cosa possiamo fare per i cru che non stanno beneficiando appieno del mercato en primeur. Come possiamo garantire che ci sia qualcosa per tutti? La qualità c’è, ma il sistema en primeur non è adatto a tutti. Oggi Bordeaux è un insieme, non solo l’élite. È importante ora rimettere insieme i vagoni e far ripartire l’intero treno di Bordeaux”.

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