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“I RECENTI SEQUESTRI DI AZIENDE DI PUBBLICO ESERCIZIO DI PROPRIETÀ DELLA CAMORRA DIMOSTRANO, ANCORA UNA VOLTA, LA DEBOLEZZA DEL SISTEMA CHE CONSENTE L’APERTURA DI ATTIVITÀ”. A LANCIARE L’ALLARME SONO FIPE-CONFCOMMERCIO E COLDIRETTI

“I recenti sequestri di aziende di pubblico esercizio di proprietà della camorra dimostrano, ancora una volta, la debolezza del sistema che consente l’apertura di attività di Pubblico Esercizio, senza un minimo di programmazione sullo sviluppo della Rete e una opportuna valutazione dei requisiti morali e professionali degli esercenti. I controlli successivi alla presentazione della Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) o non ci sono per nulla o vengono effettuati solo formalmente e quindi lasciano ampio spazio alle infiltrazioni malavitose”. A dirlo il presidente della Fipe - Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, in merito alla operazione che a Roma ha portato al sequestro di oltre 20 pubblici esercizi di proprietà di un clan di malavitosi che li utilizzava per scopo di riciclaggio del danaro di provenienza illecita.

“I recenti sequestri di aziende di pubblico esercizio di proprietà della camorra dimostrano, ancora una volta, la debolezza del sistema che consente l’apertura di attività di Pubblico Esercizio, senza un minimo di programmazione sullo sviluppo della Rete e una opportuna valutazione dei requisiti morali e professionali degli Esercenti. Occorre cambiare il sistema - prosegue Stoppani - magari facendo anche qualche passo indietro, ripristinando controlli e requisiti, prevedendo le licenze rilasciate dalle Questure, per evitare che la ristorazione possa essere utilizzata dalla criminalità organizzata per riciclare denaro sporco, che dequalifica le attività e trasferisce brutta immagine su un settore fatto soprattutto di persone perbene”.

“Si stima che almeno 5.000 locali di ristorazione (bar, ristoranti, pizzerie) in Italia - secondo il Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes - siano in mano alla criminalità organizzata attraverso spesso l’intestazione a prestanome che non solo garantiscono profitti diretti, ma che assicurano anche una copertura per riciclare denaro sporco.

Il volume d’affari complessivo della criminalità organizzata, dalla camorra alla mafia fino alla ‘ndrangheta, è salito dal campo alla tavola a 14 miliardi di euro nel 2013. In questa opera di infiltrazione - sottolinea la Coldiretti - le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale poiché è peculiarità del moderno crimine organizzato estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia invadendo i settori che si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare”.

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