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TERRITORIO

I vini della Valtellina e il “trampolino” delle Olimpiadi Invernali del 2026 di Milano e Cortina

Il Nebbiolo delle Alpi conquista le tavole dei ristoranti, ma vuole crescere ancora, nel capoluogo meneghino e sui mercati internazionali
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I vigneti della Valtellina

Il Nebbiolo di altura della Valtellina guarda alle Olimpiadi Invernali del 2026 di Milano e Cortina per consolidare il proprio ruolo, sempre più centrale, nelle carte dei vini della ristorazione meneghina. Ambizione “naturale” per i vini che nascono all’ombra delle Alpi (e che abbiamo raccontato qui, nel viaggio enoico di WineNews), tra i 300 ed i 600 metri di altura, una collocazione fortunata in ottica Climate Change, ma che devono al fattore umano la crescita dimensionale ed economica degli ultimi anni. Come raccontano i dati del Consorzio Vini di Valtellina, il giro d’affari della denominazione - Valtellina Superiore, Sforzato di Valtellina, Rosso di Valtellina e Alpi Retiche - ha toccato, nel 2022, i 32 milioni di euro, dai 25 del 2019, con una produzione di 3,4 milioni di euro. Lo sbocco naturale è proprio la ristorazione, che vale il 90% del fatturato dei vini della Valtellina, con il 30% che finisce sui mercati internazionali, specie in Europa e Stati Uniti.

Le Olimpiadi Invernali del 2026, che tra Milano e gli impianti di Bormio e Livigno accoglieranno centinaia di migliaia di appassionati da Paesi come Usa, Canada, Norvegia, Svezia, Austria, Svizzera, Germania, Giappone e Corea del Sud, diventano quindi una vetrina internazionale, e “un volano incredibile per i nostri vini: grazie alla ristorazione sarà possibile incrementare la percezione di qualità e la domanda di Nebbiolo delle Alpi nei Paesi d’origine dei turisti dei Giochi, che tradizionalmente provengono da Nazioni ricche”, come ha raccontato Danilo Drocco, presidente del Consorzio di tutela dei Vini di Valtellina. Ricordando che “considerando gli alti costi di produzione, anche piccoli incrementi di valore aiutano i produttori a migliorare il budget di spesa per i nuovi investimenti legati al ripristino dei vigneti abbandonati: rispetto a molti anni fa la superficie vitata è inferiore del 20%. Stiamo assistendo alla nascita di giovani realtà volte al recupero di vigneti nella fascia tra i 300 e i 600 metri di altitudine e con la possibilità di impianti di nuove varietà nelle fasce più elevate per rispondere all’innalzamento delle temperature dovuto al cambiamento climatico”.

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