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IL BIOLOGICO, BUSINESS DA 40 MILIARDI DI EURO ALL’ANNO NEL MONDO, CON L’ITALIA LEADER DELLA PRODUZIONE. MA NEL BELPAESE LA SPESA “BIO” E’ SOLO 3% DEL TOTALE. UN SETTORE IN CONTROTENDENZA DI SCENA A BOLOGNA AL SANA (SALONE INTERNAZIONALE DEL NATURALE)

Tra tanta agricoltura che comincia a segnare il passo soprattutto sul fronte della redditività, il comparto del biologico continua a crescere in volumi e valori. Tanto che nel mondo ci sono 37 milioni di ettari, 8 milioni di aziende in 160 Paesi del mondo per un mercato che vale 40 miliardi di euro all’anno ed è in continuo sviluppo. Ecco lo state dell’arte del wine & food biologico del mondo fotografato dal Sana, il Salone Internazionale del Naturale, di scena a Bologna fino all’11 settembre (www.sana.it). L’Italia è il primo produttore al mondo di ortaggi biologici, con un mercato che, per il Belpaese, vale 3 miliardi di euro, con 1,8 miliardi di vendite al dettaglio in negozi specializzati, supermercati, vendite dirette delle aziende agricole. E anche il vino da viticoltura biologica va forte, con i vigneti “bio” che sono l’8% del totale nazionale.
E a riprova del fatto che il Belpaese agricolo crede nelle possibilità di sviluppo e di business del bio, il Ministro delle Politiche Agricole ha annunciato l’arrivo di un bando da 10 milioni di euro per lo sviluppo dell’agricoltura biologica, per favorire “i giovani imprenditori che si vogliono avvicinare all’agricoltura e lo vogliono fare partendo dal biologico”.
Anche perché in Italia In Italia il settore bio ha caratteristiche fortemente innovative, soprattutto se messe a confronto con la situazione generale della nostra agricoltura: un’alta percentuale di donne imprenditrici (25%), di giovani (il 50% ha meno di 50 anni), di scolarizzazione elevata (il 50% dei produttori bio ha il diploma, il 17% la laurea) e la propensione alle nuove tecnologie (il 52% utilizza Internet).
Con una parte significativa della produzione bio indirizzata all’estero, l’Italia è anche il maggior esportatore mondiale di prodotti biologici (che raggiungono gli scaffali di tutta Europa, Stati Uniti e Giappone) per un valore che nel 2010 ha superato 1 miliardo di euro. Nonostante questo i consumi di prodotti bio nel nostro Paese, seppur in crescita, non sono all’altezza dei primati produttivi, poiché si collocano attorno al 3% della spesa alimentare complessiva delle famiglie italiane, contro quote che per alcune tipologie di prodotti sfiorano il 20% in altri stati europei come Svizzera, Liechtenstein, Austria, Germania e Paesi scandinavi. E con una particolarità tutta Italiana: il Sud del Paese produce il 52% del biologico nazionale, che però viene assorbito per il 70% del nord.

Focus - Il bio in Italia
Nonostante la crisi generale dei consumi, gli acquisti di prodotti bio confezionati in Italia hanno continuato a registrare incrementi: nei supermercati il valore è di circa 500 milioni di euro, con dell’11,6% nel 2010, e dell’11,5% nel primo quadrimestre del 2011. Il canale dei punti vendita specializzati in soli prodotti biologici (oltre un migliaio di negozi distribuiti in tutta Italia, in prevalenza concentrati al Nord e al Centro) segna regolarmente performance superiori alla Grande Distribuzione, facendo registrare una crescita media dal 15% (negozi indipendenti) al 20% (punti vendita affiliati in franchising).
Analogo andamento positivo per le vendite dirette degli agricoltori (sono oltre 2.000 quelli che offrono direttamente al pubblico i loro prodotti in spacci aziendali e nei mercati) e per i gruppi d’acquisto.
Ma il bio si fa sempre più largo anche nella ristorante scolastica vale circa 250 milioni di euro e interessa circa un migliaio di Comuni che ogni giorno forniscono a 1 milione di bambini pasti con prodotti biologici. Sono numeri destinati ad aumentare: non solo una legge nazionale del 1999 impone l’uso quotidiano di prodotti biologici nelle mense scolastiche e molte leggi regionali premiano le amministrazioni locali che ne fanno uso, ma il Piano d’Azione Nazionale sul Green Public Procurement recentemente sottoscritto dal ministro Prestigiacomo prevede che nelle mense debba essere di produzione biologica almeno il 40% di frutta, ortaggi, legumi, cereali, pane e prodotti da forno, pasta, riso, farina, patate, polenta, pomodori e prodotti trasformati, formaggio, latte Uht, yogurt, uova e olio extravergine. In aumento i ristoranti che propongono opzioni biologiche: oggi sono oltre 500, in particolare nel centro Italia e nelle grandi città, una realtà che ha spinto Sana a ospitare la prima edizione del premio “Locale Bravo Bio” per bar, ristoranti, pizzerie e hotel con significativa proposta biologica.
Tra le diverse categorie di prodotto - spiega l’Ismea - a primeggiare sono gli ortofrutticoli, seguiti dai lattiero-caseari e dai prodotti per la prima colazione. Rilevante anche il peso di bevande, uova e prodotti specifici per l’infanzia.
I dati più recenti, sempre in termini di spesa, attestano una crescita degli acquisti particolarmente sostenuta, nei primi 4 mesi 2011, per latte e derivati (+20,4% rispetto allo stesso periodo del 2010), bevande (+13,9%) e prodotti per la prima colazione (+10,4%). Avanzano anche frutta e ortaggi (+8,5%), che concentrano il 21,7% della spesa bio. Pasta e riso crescono a un tasso particolarmente sostenuto, superiore al 30% secondo le rilevazioni dell’Ismea, sfiorando il 5% di quota, mentre segnano il passo gli acquisti di prodotti per l’infanzia (-7,7%), oli (-20,3%), pane e sostituti (-11,3%) e condimenti vari (-20,5%).

Focus - Il bio nel mondo
La domanda dei consumatori di prodotti biologici è concentrata soprattutto in Europa e nel Nord America che, insieme, assorbono il 97% della spesa biologica. Asia, America Latina e Australia sono produttori significativi, ma prevalentemente dediti all’export.
L’Europa è il maggior mercato mondiale per i prodotti biologici (seguita a brevissima distanza dagli Stati Uniti); i Paesi in cui il mercato biologico è più significativo sono Germania, Francia e Italia, mentre quelli in cui è più elevato il consumo pro capite sono la Danimarca (140 euro pro capite di spesa biologica annua), quelli alpini (Svizzera, con il 4,7% della spesa alimentare e circa 115 euro di spesa annua a testa e Austria con una spesa pro capite di 109 euro) seguiti dalla Svezia. L’Australia continua a guidare la “classifica” delle coltivazioni biologiche con 12 milioni di ettari, mentre l’Italia, con una superficie bio di oltre 1 milione di ettari, occupa l’ottavo posto (dopo Argentina, Cina, Stati Uniti, Brasile, Spagna e India) a livello mondiale e il secondo a livello europeo, in un testa a testa con la Spagna (che la supera solo per la maggior superficie a pascoli e boschi: per quanto riguarda le superfici destinate a coltivazioni, il primato rimane all’Italia), davanti a Germania, Gran Bretagna e Francia. Il nostro Paese è anche al primo posto in Europa per il numero di aziende agricole che hanno scelto il metodo biologico.

Focus - I progetti di bio business “NaturaSì” e “Cuorebio”
Il trend di crescita del biologico, ovviamente, rappresenta anche un occasione di business. E se per iniziare a produrre, ovviamente, servono terreni e competenze agronomiche, certificazioni e così via, le cose sembrano un po’ meno complicate per chi vuol darsi al semplice commercio. Come hanno spiegato al Sana due dei marchi più noti e diffusi del settore in Itala, NaturaSì (www.naturasi.eu) e Cuorebio (www.cuorebio.it).
Progetti simili per alcuni aspetti, ma molto differenti per altri: “se il primo privilegia infatti grandi città e punti vendita di dimensioni maggiori con un format moderno e omogeneo, il secondo connota negozi di dimensioni più contenute, una localizzazione anche in centri più piccoli e la valorizzazione del negoziante e della sua esperienza” spiega Roberto Zanoni, direttore generale di EcorNaturaSì. NaturaSì, il marchio dei Supermercati della Natura, conta oggi 89 punti vendita affiliati in Italia e 2 in Spagna; nel 2011 sono già 5 i nuovi punti vendita inaugurati. Il fatturato 2010 è stato di 112 milioni di euro, con un incremento del 19,83% sul 2009. Nata nel 1992, è oggi presente in tutte le principali città italiane e le imprese che aderiscono possono contare sull’esperienza acquisita in tanti anni di attività. Propone un sistema di affiliazione “chiavi in mano”, basato su una continua trasmissione di conoscenze, esperienze e servizi.
Cuorebio, invece, da anni ha intrapreso un percorso di ampliamento della rete di negozi, valorizzando i piccoli produttori e facendo informazione sulle ragioni ambientali e di benessere per le quali scegliere il biologico. Il marchio nel 2010 ha registrato 18 tra nuove aperture e ristrutturazioni e oltre 35 nuove adesioni al progetto. Oggi sono più di 280 i negozianti che hanno aderito al progetto di associazione Cuorebio e il marchio ha realizzato nel 2010 una crescita del 17,24% sul 2009.

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