3.000 botteghe, 70.000 punti vendita, 100.000 volontari e un fatturato che supera ormai i 250 milioni di euro (con una crescita che sfiora il 20% annuo): questi i numeri del “commercio equo e solidale” in Europa. Nato poco più di trent’anni fa come commercio alternativo per garantire l’accesso ai mercati e una giusta remunerazione ai produttori delle popolazioni emarginate del Sud del mondo, il commercio equo e solidale ha avviato un sodalizio con i metodi di coltivazione ecocompatibili. Secondo il presidente dell’Istituto Mediterraneo di Certificazione, Remo Ciucciomei, i due settori, insieme a quello dei prodotti tipici, hanno in comune l’atteggiamento nei confronti del consumatore e del mercato. "Condividono - ha detto Ciucciomei - le preoccupazioni di carattere ambientale, sociale e di qualità del cittadino consumatore; definiscono un standard produttivo reso pubblico; si basano sulla produzione volontaria dello standard; fanno certificare il processo produttivo da enti terzi”.
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