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Il Comune di Acqualagna “capitale” del tartufo nelle Marche, denuncia lo Stato italiano alla Commissione Ue per non essersi adeguato al diritto comunitario. L’accusa? Il non riconoscimento del tubero come prodotto agricolo e l’indetraibilità dell’Iva

Non Solo Vino
Tartufi di Acqualagna

Questa volta alla politica, nelle cui tavole del potere il re dei tuberi è spesso presente vantando numerosi fan nei diversi schieramenti, il tartufo rischia di andare di traverso. Il Comune di Acqualagna, “capitale” del tartufo nelle Marche, denuncia lo Stato italiano alla Commissione Europea per non essersi adeguato al diritto comunitario e supposte “contraddizioni legislative” nel mercato del tartufo.
“Nonostante le ripetute audizioni e petizioni, l’ultima quella presentata da Alba al Parlamento Europeo - dice il sindaco Andrea Pierotti - questa situazione normativa contraddittoria persiste da troppo tempo e nulla è stato fatto”. Due le norme del diritto comunitario che lo Stato italiano avrebbe violato: “il non riconoscimento del prodotto tartufo come prodotto agricolo, nonostante la diretta applicabilità dei Regolamenti dell’unione Europea del 2013”, e, sempre nel mirino del Comune delle Marche, “l’indetraibilità assoluta dell’Imposta sul valore aggiunto sancita dalla Legge Finanziaria nel 2005, in contrasto con le regole e le procedure previste dalla Direttiva comunitaria”.
Il tartufo, infatti, resta esplicitamente escluso dal novero dei prodotti agricoli, e subisce l’applicazione dell’Iva al 22%.
“Se l’Iva non può essere scaricata - si legge nell’atto di denuncia - si trasforma in un costo notevole per l’azienda, che la ricarica sulla vendita al consumatore, con l’ulteriore inconveniente dell’indetraibilità assoluta dell’imposta pagata dal cessionario (acquirente di tartufi) e della penalizzazione del mercato nazionale ma soprattutto internazionale del tartufo, in seguito all’evidente aumento del prezzo”. Acqualagna chiede, dunque, l’introduzione dell’Iva al 4%, “al pari degli altri prodotti agricoli”. La Commissione europea ha tempo 12 mesi per valutare la denuncia e decidere se avviare una procedura formale di infrazione nei confronti dello Stato italiano.

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