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IL CRITICO ENOGASTRONOMICO PAOLO MASSOBRIO: “CAPODANNO BASTA CON CENONI DA DOPOGUERRA SI TORNI AL CIBO COME COMUNICAZIONE DI AFFETTO”

Archiviato il 25 dicembre, mentre c’è chi cerca di smaltire le calorie ingerite per i pranzi di Natale e Santo Stefano, affidandosi a un po’ di palestra o a menù light, c’è chi, invece, sta già preparandosi per il cenone di fine d’anno che la tradizione vuole ricco di portate, dallo zampone con lenticchie, dai vol au vent ai gamberetti in salsa rosa, dal salmone alle pennette agli scampi, fino all’uva bianca da mangiare allo scoccare della mezzanotte, ai dolci e ai vini con tanto di bollicine. A bocciare, però, questi menù pantagruelici è il critico enogastronomico Paolo Massobrio, he affida il suo pensiero alle agenzie di stampa.

“Siamo fermi al dopoguerra - sostiene - ai modelli del mangiare tanto per esorcizzare la fame, ma oggi se c’è una guerra è quella contro il disordine che noi stessi abbiamo creato siamo in una società ipernutrita, grassa e senza tante idee”. Sotto accusa, secondo Massobrio, da un lato lo spreco “giacchè non tutti sono in grado di sopportare i cenoni di una volta”, dall’altro la solitudine “perchè anzichè proporre momenti di festa, si invita a stare a tavola per ore, masticando” e poi il fatto che menù così abbondanti come quelli proposti per la notte più lunga dell’anno, “infilano una serie di prodotti che nulla hanno a che vedere con la stagionalità tanto che è possibile trovare involtini di asparagi, che crescono ad aprile, accompagnati e fragole in tutti i modi che, però, da noi arrivano solo a maggio”.

“La quantità - dice Massobrio - fa rima con stupidità, perchè non lascia spazio al gusto delle cose in quanto tale. E, nei menu, guai a citare un’insalata fresca dato che non porta soldi, mentre sarà sempre più difficile trovare un ristorante che cucini alla carta, permettendo a chi si reca a mangiare fuori di chiedere ciò che gli serve per non vivere un disagio’’. Il consiglio, dunque, per salutare l’anno che va via e quello che arriva almeno con il pranzo giusto, qual è? “Un piatto di sostanza e tutto il resto in tavola, affinchè ognuno si serva di ciò che desidera, senza quelle maratone noiose e prive di senso”, suggerisce Massobrio invitando poi “a cantare ed a giocare, ad ascoltare insieme qualcosa che sia bello”. E all’arrivo della mezzanotte, “il botto non sia la violenza su uno spumante, ma si apra la migliore bottiglia che si ha in cantina. Abbiano bisogno di segni di affetto ben diversi dall’omologazione e dalla quantità, abbiano bisogno di tornare a usare cibo come comunicazione di un affetto, non come ostentazione di uno status, piuttosto omologato”.

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