Le aziende del food che puntano sull’artigianalità sono cresciute negli ultimi dieci anni molto più della media delle aziende che non hanno fatto la stessa scelta. Trend che emerge dal “Food Industry Monitor” n. 5, realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche e Ceresio Investors, presentato oggi a Pollenzo, che ha analizzato i dati economici e competitivi di 823 aziende, per un fatturato aggregato di circa 63 miliardi di euro, rappresentative del 71% delle società di capitali operanti nel settore e 15 comparti.
“Da cui emerge che il legame con il territorio, l’artigianalità e l’innovazione nei processi produttivi sono le principali determinanti della crescita redditizia delle aziende del comparto: sia per quanto riguarda la redditività delle vendite (Ros), sia per quella del capitale investito (Roic). L’artigianalità aiuta a sviluppare prodotti originali, venduti poi con un premium price”, specifica Carmine Garzia, relatore della ricerca, coordinatore scientifico dell’Osservatorio e docente di Management all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Nel 2018, il settore ha continuato a crescere al 3,1%: un valore che supera di oltre tre volte la crescita del Pil italiano. Il trend positivo è destinato a proseguire nel 2019 e nel 2020, a tassi attesi di circa il 3% annuo. Tra i punti deboli dell’agroalimentare, invece, si evidenzia che solo il 30% delle aziende possiede un proprio canale di vendita on-line.
“Il food è uno dei settori più forti del panorama italiano, con molte aziende capaci di eccellere grazie anche a una forte propensione internazionale. Queste aziende sono attualmente tra gli obiettivi principali dei fondi di private equity, il motore della maggior parte delle aggregazioni, e hanno ottime prospettive di crescita, grazie a fusioni, acquisizioni e ovviamente al supporto finanziario”, spiega Alessandro Santini, Head of Corporate di Ceresio Investors.
Secondo lo studio, i comparti che crescono maggiormente nel lungo periodo sono: farine, food equipment, caffè, surgelati, olio, packaging e vino. La redditività commerciale (Ros) nel comparto dei distillati è storicamente più elevata. Si rilevano buone performance anche per i comparti dell’acqua, dei dolci, della birra e della pasta, che hanno valori superiori alla media dell’intero settore.
“Continuiamo a osservare in alcuni comparti, tipicamente forti, lo sviluppo di interessanti strategie di nicchia - spiega Garzia. È il caso dell’olio, dove alcuni produttori di medie dimensioni hanno investito sul branding e sulla comunicazione, puntando su nicchie di mercato e premium price basati sulla qualità percepita. Registriamo un trend simile nel comparto delle farine, dove le medie aziende e alcuni grandi player si sono focalizzati su prodotti con caratteristiche innovative per usi specifici, quali la produzione domestica di pani e pizze speciali”.
Altro comparto interessante è il packaging, “uno dei principali driver dell’innovazione nel food, per diversi motivi: sono cambiate le abitudini di consumo e i formati, spesso più compatti e resistenti. Sono cambiate le formulazioni, la shelf life e quindi anche il packaging, come nel caso ad esempio dell’eliminazione dell’olio di palma. Infine, è in atto la sfida di creare imballaggi a ridotto impatto ambientale”, conclude Garzia.
I comparti con una crescita più equilibrata, con un ideale bilanciamento tra i profili di crescita, redditività e solidità finanziaria, sono: caffè, food equipment, distillati, farine e, in misura minore, vino. Pasta, surgelati, packaging e acqua sono comparti a metà del guado, ovvero che mostrano criticità in uno dei tre profili. I comparti che mostrano maggiore criticità invece sono: salumi, olio e latte.
Focus - Lo studio
L’analisi dei modelli di business evidenzia come il 70% delle aziende ritenga di essere molto orientato alla tradizione. L’innovazione si concentra sui processi, che conservano una forte base artigianale, e che vengono rivisti e ottimizzati per la produzione industriale. Per la quasi totalità del campione (93%) la selezione delle materie prime è un punto fondamentale del processo produttivo. Il 68% delle aziende si avvale di fornitori artigiani o contadini e intrattiene con questi relazioni durature, sostenendone lo sviluppo. L’analisi delle strategie di comunicazione delle aziende rileva che, per la valorizzazione dei propri prodotti sul mercato, oltre il 70% delle imprese fa leva sul legame con la tradizione italiana e più del 50% fa leva sulle Denominazioni d’Origine e sui Presidi Slow Food nelle proprie politiche di comunicazione. Circa il 45% delle imprese si avvale invece di tematiche che richiamano l’artigianalità, argomento complesso che quasi sempre sottintende l’idea dell’hand made senza particolari ausili industriali. Per il 62% del campione, la strategia di comunicazione si pone in linea con i più recenti trend salutistici, ossia si avvale di denominazioni che richiamano i temi della salute e del benessere potenzialmente apportati dal prodotto promosso.
Rivolgendo l’attenzione alle strategie di distribuzione delle aziende del campione analizzato, si rileva che il 70% delle aziende non vende direttamente o tramite un canale che controlla. Solo il 30% delle aziende possiede un proprio canale di vendita on-line.
Le performance reddituali subiscono un lieve rallentamento nel 2018 rispetto al 2017 (per quanto attiene la redditività delle vendite), tuttavia le prospettive sono di sostanziale tenuta nei prossimi due anni. Si evidenzia una diminuzione del tasso di indebitamento del settore, che andrà ulteriormente migliorando nel biennio 2019-2020.
Nel complesso, nel 2018 il settore alimentare registra un tasso di crescita pari al 3,1%, dato particolarmente positivo se paragonato all’andamento complessivo del Pil italiano, con in trend di crescita simile, almeno nelle attese, per il 2019 ed il 2020.
La redditività commerciale (Ros) nel comparto dei distillati è, storicamente, più elevata rispetto agli altri comparti (13,3%); si rilevano comunque buone performance anche per i comparti del food equipment (9,6%), dell’acqua (8,4%), dei dolci (7,9%), della birra (7,7%), della pasta (6,9%) e del caffè (6,4%) che hanno valori superiori alla media dell’intero settore (5,9%), mentre il vino si ferma al 4,9%.
Permangono delle criticità che interessano i comparti olio, prodotti a base di carne e farine. Si rileva una lieve ripresa della redditività del comparto latte (4,3%) sebbene il risultato resti al di sotto della media dell’intero settore (5,9%).
Sotto esame anche l’Ics - Indice di Crescita Sostenibile, che viene calcolato tenendo conto della crescita dei ricavi, della marginalità commerciale (Ros) e della struttura finanziaria su un arco pluriennale (2009-2018). Quanto più elevato è l’indice tanto maggiori saranno le possibilità di crescita per il comparto o per la singola azienda. L’analisi dell’Ics nel periodo considerato mostra che solo quattro comparti hanno un Indice di Crescita Sostenibile soddisfacente che evidenzia la presenza di imprese in crescita, con buone performance reddituali e una solida struttura finanziaria.
In particolare, i comparti che hanno registrato le performance migliori per i tre profili sopra citati sono: il caffè (Ics 25,6), il food equipment (Ics 23,4), i distillati (Ics 19,7), le farine (Ics 11,9) e, in misura minore, il vino (Ics 10,7). Infatti, detti comparti associano all’aumento delle vendite e della marginalità un tasso d’indebitamento contenuto.
Settori quali pasta (Ics 8,1), surgelati (Ics 7,7) packaging (Ics 7,1) e acqua (Ics 6,1) occupano nel ranking posizioni intermedie in quanto non eccellono in tutti e tre i profili che costituiscono l’indice. Infine, per diversi comparti come salumi (Ics 1,6), olio (Ics 3,1) e latte (Ics 3,3) si conferma una situazione di criticità.
Sono state comparate, poi, le performance di crescita, redditività e struttura finanziaria delle grandi aziende (con un fatturato sopra i 100 milioni di euro) con le performance delle medie aziende (con un fatturato tra i 100 milioni e i 50 milioni di euro).
In questo senso, si registra un netto miglioramento del tasso di crescita delle medie aziende e performance reddituali (Roic) superiori rispetto a quelle delle grandi aziende. La redditività è maggiore per le aziende di medie dimensioni con valori molto alti nei seguenti comparti: distillati (15,4%), dolci (8,5%) e pasta (8,0%). La redditività commerciale delle grandi aziende è maggiore nel comparto del vino (8,2%), cui seguono i comparti del caffè (7,3%), dei salumi (2,6%) e dell’olio (2,2%). Le aziende di grandi dimensioni crescono a tassi superiori solo nei comparti in cui è prevalente il modello di business delle trading company, come nell’olio e nel vino.
E guardando al futuro, le aziende del settore food continueranno a crescere nel 2019 e nel 2020 a tassi maggiori del Pil italiano. Nel prossimo biennio si prevede una crescita cumulata dei ricavi del settore food del 5,9%.
La redditività delle vendite (Ros) resterà sostanzialmente in linea con quanto osservato negli ultimi tre anni, la redditività degli investimenti (Roic), subirà un lieve aumento attestandosi, dal 2019 in poi, a oltre il 10%. Il tasso d’indebitamento registrerà una ulteriore diminuzione, confermando la solidità delle aziende operanti nel settore agroalimentare. I comparti del food saranno interessati da un aumento delle esportazioni nel prossimo biennio (+6,7% nel 2019-2020).
I comparti dell’acqua, dei salumi, della birra e del caffè registreranno i valori più alti di crescita dell’export e al di sopra della media di settore. Performance di crescita più basse si avranno invece per il comparto della pasta, delle conserve, del food equipment e delle farine.
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