Scarsa igiene, mancanza di sanificazione dei macchinari, manipolazione impropria: il ghiaccio, alimento a tutti gli effetti ma sottovalutato, è troppo spesso contaminato, nella somministrazione da parte di bar, chioschi, pub e piccole attività ristorative. Un esempio? Da un’indagine condotta sulle attività di produzione e di somministrazione presenti nell’area costiera della Provincia di Palermo dall’Assessorato della Salute della Regione Sicilia, è emerso che, nonostante il piccolo campione, nel 56% degli operatori controllati il ghiaccio ha presentato delle positività microbiologiche e, talvolta, chimiche: ovvero era contaminato. A lanciare l’allarme a livello nazionale è l’Inga-Istituto Nazionale Ghiaccio Alimentare a proposito dell’applicazione del Manuale di corretta prassi igienica per la produzione di ghiaccio alimentare approvato dal Ministero della Salute e redatto, per la prima volta in Europa.
Sia nell’utilizzo da autoproduzione che da produzione industriale, ricerche sul campo, hanno portato alla luce dati poco rassicuranti, dalla produzione alla conservazione fino alla distribuzione (escluse dal sistema Haccp), con possibili conseguenze negative per la salute. Non va dimenticato che a livello economico il mercato del ghiaccio è estremamente sviluppato, e in alcuni Paesi è già molto grande, come in Usa, mentre in Europa la Spagna la fa da padrona con un consumo annuo di oltre 500.000 tonnellate di ghiaccio di cui il 50% autoprodotto e l’altro 50% prodotto e confezionato in grandi stabilimenti produttivi.
Secondo l’International e European Packaged Ice Association, l’Italia è il Paese con il più alto potenziale di crescita che, in pochi anni potrebbe arrivare a contare un consumo di oltre 400.000 tonnellate.
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