02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

IL GIORNALE

Bordeaux e Borgogna: così decade la nobiltà in bottiglia. Oltre 260 milioni di litri rischiano di essere distillati per sostenere i prezzi. E sul mercato Usa le vendite di Italia e Australia superano quelle dei rossi d’Oltralpe ... “Sta a vedere che gli automobilisti europei finiranno per riempire i loro serbatoi con i Bordeaux e altre bottiglie francesi di pregio” ironizzava pochi giorni fa il quotidiano britannico The Times in un articolo sulla crisi dei vini francesi che rischia di trasformare 266 milioni di litri di Bordeaux e Borgogna in distillati da utilizzare come carburanti auto: forse l’unico modo per ridurre l’offerta e sostenere i prezzi. “Corre voce che il Bordeaux, la denominazione più grande in assoluto, abbia due anni di invenduto, due milioni di ettolitri fermi nelle cantine” commenta Giuseppe Martelli, direttore generale dell’Associazione enologi italiani.

I vignerons stanno fronteggiando la loro peggior crisi dai tempo della filossera che un secolo fa distrusse buona parte dei vigneti d’Oltralpe, nota ancora il Times. I milioni di euro spesi nei decenni scorsi per mettere fine ai “laghi di vino a buon prezzo” hanno lasciato però intatte qualcosa come 460 etichette diverse, che saranno forse il simbolo di quello che il quotidiano londinese definisce “l’orgoglio gallico”, ma che hanno il grave difetto di non riuscire a dare un’immagine unitaria della produzione. “Il prodotto che prima piaceva, oggi piace meno - nota Martelli - è cambiato il gusto dei consumatori e sono cambiati i mercati. Da Cile e Australia si sono affacciate nuove tipologie di vino con un buon rapporto qualità/prezzo. Senza contare che la Francia ha perso quote di mercato negli Usa per vicissitudini politiche, dopo il no all’intervento in Iraq. Così oggi l’Italia è il primo fornitore di vini sulle tavole americane”.

Secondo i vignerons francesi, però, “paragonare un vino francese di nobile etichetta a uno australiano è come paragonare Mozart con la musica rap”, riportava il Times, che con perfidia tutt’altro che sottile aggiungeva: “Bisognerebbe ricordare loro che c’è molta più gente che compra musica rap che quella di Mozart”.

Ma per fortuna, a quanto pare Vivaldi e Rossini o, se si preferisce, Celentano e Pausini, vanno ancora alla grande, almeno nelle versioni in bottiglia. I vini italiani, infatti, hanno visto crescere il loro export per dieci anni, fino al 2002: nel 2001 per la prima volta il vino venduto in bottiglia ha superato quello sfuso. Nel 2002 l’Italia è diventata il primo esportatore in Usa, superando la Francia. E oggi la Francia è al terzo posto. Dietro anche all’Australia. Non solo: il prodotto agroalimentare italiano più esportato nel 2003 è stato il vino, su 100 euro venduti all’estero, 20 venivano dal vino. Una percentuale che in Canada arriva al 50%, negli Stati Uniti al 40% e in Giappone ai 30. Nel 2003, però, c’è stata anche una battuta d’arresto: per la prima volta, in un decennio l’export è calato. Nel 2004 c’è stata una ripresa del 10% in quantità e del 5% in valore.

“Si è recuperato nella fascia media, meno in quella alta - nota Martelli - nel mondo ci sono meno soldi e la gente sta più attenta al rapporto qualità-prezzo. E in questa situazione la Francia, che vende prodotti costosi, ha preso un’altra mazzata”.

I nostri produttori, comunque, sono ottimisti. Un sondaggio di Winenews condotto tra 50 grandi imprese del settore mostra un aumento di fatturato nel 2004 e un trend positivo nel 2005. Le percentuali di aumento del fatturato nello scorso anno vanno dall’1 al 18%, le previsioni di incremento per il 2005 vanno dal 5 al 20 per cento. Cresce più la domanda interna che l’export. Per Marco Caprai della Arnaldo Caprai “il mercato finisce per premiare quelle aziende che hanno più storia e più visibilità di marchio”. Enrico Viglierchio, della Castello Banfi, si muove in controtendenza: “Esiste un’apertura confortante dei mercati, soprattutto quelli asiatici - ha detto a Winenews - invece il mercato interno credo che attraversi ancora un momento di stagnazione. Discorso a parte merita il mercato europeo, dove i segnali di crescita restano deboli”. Infine, per Michele Bernetti della Umani Ronchi, “il 2005 fin dall’inizio sembra dimostrarsi come un anno all’insegna della crescita”. Insomma, ha commentato Alessandro Regoli di Wine News, il mercato del vino in Italia resta ancora vivace in un panorama di stagnazione dei consumi.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su