02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

IL GIORNALE

Il vino italiano bene rifugio. E i vigneti diventano stranieri ... Più dell’oro, meglio del mattone: la nostra produzione è un ottimo investimento per i capitali esteri. E molti volti noti ne approfittano ... L’Italia del vino continua ad attirare capitali stranieri. E uno dei temi forti dell’edizione del Vinitaly, partito ieri alla Fiera di Verona tra ombre interne e luci internazionali. Un successo, quello del nostro vino, che non si limita al boom delle vendite delle bottiglie, ma si allunga anche sulle vigne. Si potrebbe anzi dire che i vigneti italiani sono diventati una sorta di bene rifugio, più del mattone e come l’oro, che attira imprenditori, finanzieri e anche vip stranieri, ciascuno con la sua vigna in Toscana o in Sicilia, con le sue etichette. Ci sono due aspetti di questa passione a metà tra l’imprenditoriale e il glam. Li sottolinea un’indagine di WineNews, il più grande portale italiano del vino. Da un lato ci sono grandi gruppi finanziari che mettono le mani sulle aziende italiane. Dall’altro ci sono personaggi più o meno noti ma dalla buona disponibilità economica che acquistano una vigna o una tenuta e iniziano a produrre il “loro” vino. Che nasce spesso come tributo all’amore e alla passione ma a volte finisce nelle guide, convincendo anche la critica e gli appassionati. A questa categoria appartiene il cantante inglese Sting, che come si sa soffre di un’insana passione per l’Italia e per la Toscana in particolare. L’ex frontman dei Police possiede una tenuta nel cuore del Chianti Classico, a Panzano, dove produce olio e soprattutto vino: sua etichetta-bandiera, un rosso che si chiama per l’appunto “Il Palagio”, blend di Sangiovese, Merlot e Cabernet Sauvignon. Altre etichette, il “When we dance” e il “Casino delle Vie”. Altro inglese innamorato del vino italiano è Mick Hucknall, già leader dei Simply red, che però ha scelto la Sicilia: qui, ai piedi dell’Etna, produce diversi vini che all’inizio hanno attratto la curiosità dei media più che altro per il titolare ma che oggi sono molto apprezzati dalla critica. L’azienda non a caso si chiama “Il Cantante” e produce un Nero d’Avola, un Etna Rosso e un Etna bianco. Più domestica invece l’avventura enologica di CaroleBouquet, che produce nella sua isola adottiva, Pantelleria, estremo lembo meridionale d’Italia, un magnifico Passito di Pantelleria (“Il Sangue d’Oro”), vino sensuale e femminile per definizione. Richard Parsons, ex amministratore delegato del colosso dello spettacolo e della comunicazione Time Warner, possiede l’azienda Palazzone (appena sei ettari) dove produce qualche migliaio di bottiglie Brunello di Montalcino, vino di cui ama dichiararsi un fan prima ancora che un produttore. Eco- me non ricordare il grande Nils Liedholm? Negli ultimi anni della sua vita si era trasformato in vignaiolo in quel di Cuccaro, nel Monferrato. L’azienda è ora condotta dal figlio Carlo. Ci sono poi le aziende italiane per produzione ma straniere per capitali e management. L’antesignana fu Castello Banfi, fondata negli anni ‘70 a Montalcino dai fratelli italo americani John e Harry Mariani, già titolari di “Banfi Vintners”, una delle più importanti società americane di importazione di vini. Solo di recente altri imprenditori stranieri hanno allungato le mani su frazioni del vigneto Italia. I casi più recenti sono quelli dell’azienda del Chianti Ruffino, finita nelle mani americane di Constellation Brands; e il colosso piemontese delle bollicine Gancia, che è stata acquistata un paio di anni fa dagli oligarchi pieni di rubli della Russian Standard Corporation. Sono panamensi invece i capitali di Soleya International Corporation, che è sbarcata anch’essa a Montalcino acquistando la “Tenuta Oliveto” a Montalcino, mentre il petroliere argentino Alejandro Bulgheroni, proprietario di “Poggio Landi” a Montalcino e di Dievole nel Chianti Classico. La tenuta “Il Giardinello di Montalcino” (che è decisamente al primo posto tra le preferenze degli stranieri enoappassionati) è di proprietà di Louis Camilleri, americano di evidenti origini italiane alla guida di “Altria Group mc”, la holding che controlla il gruppo Philip Morris. Ci sono poi “La Porta Vertine” di Gaiole in Chianti (nelle mani degli imprenditori Usa Dan ed Ellen Lugosh) e “Capannelle” (di James B. Sherwood, fondatore del gruppo Orient-Express Hotels). E c’è da giurarci che la globalizzazione del gusto e il crescente amore per il nostro vino porterà presto anche imprenditori dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina) a investire qualche soldi sulle nostre vigne.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su