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Il Gusto - La Stampa

Vino, il commercio mondiale perde 802 milioni. Italia leader nei volumi, spumanti in testa … Secondo i dati dell’Osservatorio spagnolo cala anche l’export. Pantini (Wine Monitor): “Ma il nostro Paese ha performance migliori degli altri”. Il primato francese nei prezzi. Il Master of Wine Lonardi: “È ora di un cambio di passo nella leadership”… Il commercio del vino mondiale soffre in tutto il mondo. Sia in termini di volumi sia in termini di valore, basti dire che la perdita, calcolata nel periodo settembre 2022/settembre 2023, è stata del 2,1% pari a 802 milioni euro, scendendo così a quota 36,5 miliardi come valore della produzione. Il calo in termini di ettolitri prodotti è stato di 768 milioni di litri. Il dato emerge dall’Oemv – Osservatorio spagnolo del mercato del vino, riportato da WineNews. In questo contesto, a registrare le migliori performance sono l’Italia nel volume e la Francia nel valore, con Parigi che si impone con prezzi molto alti, anche se le performance francesi negli ultimi mesi stanno virando al negativo. Quanto al dato italiano, il Belpaese nell’ultimo anno ha perso temporaneamente il primato di produzione a volumi (a causa dell’epidemia di peronospora, la malattia della pioggia che ha colpito tutta l'Italia, soprattutto le regioni del centro) e considerando la flessione del mercato si potrebbe dire che “non tutti i mali vengono per nuocere”. Ma il vigneto Italia per estensione è il più grande, e il primato è stato presto riacquisito. È diminuito anche l’export: -7,2% pari a 9,9 miliardi. Italia e Spagna scendono meno della media e guadagnano la quota di principali esportatori in termini di volume. Nuova Zelanda (+9,7% in volume) e Portogallo (+0,4% in volume) sono stati gli unici a registrare un segno + tra i primi 11 Paesi esportatori. La classifica mondiale export in valore degli 11 invece vede le migliori performance in Europa con in testa la Francia (12 miliardi di euro con crescita dello 0,7%), con Italia (7,7 miliardi con calo dello 0,5%) e Spagna (2,9 miliardi con calo 3,1%) sul podio dei Paesi esportatori, seguiti da Cile (-22%), Nuova Zelanda (+7,5%), Australia (-14,5), Usa (-18,8%), Germania (+2,3%), Portogallo (+1,5%), Argentina (-18,9%), Sudafrica (-16,7%). Dallo studio dell’istituto spagnolo emerge anche da febbraio 2021 a marzo 2023 sempre a livello mondiale c’è stata una crescita di valore che però si è fermata ad aprile dello stesso anno, continuando a registrare un segno meno fino a settembre, anche se negli ultimi mesi sembra esserci stata una piccola ma altalenante ripresa: i dati non sono ancora ufficiali, ma secondo i produttori italiani le cose sono migliorate in ottobre e novembre, poi peggiorate a dicembre e rimaste stabili a gennaio. “L’Italia nell’export fa meglio degli altri Paesi – riflette Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor - la Nuova Zelanda che sembrava far registrare le migliori performance ha virato in negativo negli ultimi mesi. Inoltre, se si confronta il trend dell’ultimo anno con il 2021, il calo non è così radicale, segno che il 2022 era andato oltre i livelli ‘normali’”. Numeri che non sorprendono più di tanto, come abbiamo scritto anche qui analizzando i dati del nostro Paese, i consumi di vino sono diminuiti in Italia e un po’ ovunque. E anche se è prematuro parlare di crolli strutturali, la tendenza ha sicuramente un segno meno. Segno di un cambiamento importante che è in atto a livello mondiale e che le nostre aziende non possono ignorare. Serve un cambio di passo e di mentalità. Lo sottolinea il Master of Wine, Andrea Lonardi, che pone l’accento sulla necessità di cogliere nuove opportunità nel nostro Paese, con la Champagne come modello da imitare. “Nel mondo del vino siamo di fronte al più grande cambiamento mai visto, a partire dalle abitudini di consumo orientate a prodotti zero e low alcohol, con un cambio quindi che coinvolge anche lo stile del prodotto. Basti dire che dal vino low alcohol si passa direttamente ai superalcolici. Va da sé che questi rivolgimenti non possono essere ignorati, occorre una svolta nella concezione del vino come prodotto anche da parte delle aziende. Quello che serve è un cambio di “leadership”. “Ci sono due modelli fondamentalmente: la leadership di comando in termini di posizione, forza, volumi e prezzi legata al modello tradizionale del passato e oggi diffusa a livello imprenditoriale - continua il Master of Wine - E poi c’è una leadership che investe il prestigio, anche intellettuale del vino, dove cambiano sia la comunicazione sia il modo di pensare al consumatore. Quest’ultimo viene coinvolto personalmente nella presentazione del prodotto, a lui il produttore trasferisce la sua visione. Questo modello coinvolge etichette di forte riconoscibilità sia del territorio sia del brand: il consumatore le riconosce. Cambia quindi anche la comunicazione, questo modello comunica esclusività, coinvolge il consumatore, lo porta a bordo, lo rende confident. È visione dello champagne, un modello che funziona”. Ne danno conferma i numeri: se si parla di spumanti, l’osservatorio spagnolo mostra in primis come Italia e Francia rappresentino l’82% mondiale del mercato delle bollicine. E se il nostro Paese spariglia nei volumi, la Francia non ha rivali in valore: fattura 4,6 miliardi, più del doppio dell’Italia, che registra 2,1 miliardi.

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