“Si deve ripartire dai territori, dal legame con la terra, dall’agricoltura di qualità, dal wine & food made in Italy, primi ambasciatori dell’Italia nel mondo”. Frasi sulla bocca di tanti, in ogni epoca, e spesso anche i questi giorni in cui si ognuno scrive la sua ricetta per superare la crisi imposta dalla pandemia. Ma nel piano Colao presentato al Governo (mentre il manager ha salutato tutti ed è di ritorno verso Londra, ndr) e al centro degli Stati Generali dell’Economia voluti da Conte in corso a Roma, di specifico sul comparto agricolo, non c’è nulla di nulla. A sottolinearlo Slow Food, che sottolinea come “il piano Colao -102 proposte per favorire la ripresa economica del paese in 121 pagine dal titolo “Iniziative per il rilancio - Italia 2020-2022” - riporta l’Italia a quando nasceva Slow Food, più di trent’anni fa e si dimentica del vero tesoro d’Italia: la produzione agricola e alimentare di piccola scala. E, invece, il nostro Paese - sottolinea Slow Food - ha necessità di trovare la strada delle produzioni di prossimità, del sostegno verso la transizione ecologica dell’agricoltura, della forte interazione tra produzioni locali e consumo, ha bisogno di puntare sui borghi e sulle botteghe, di rendere vive e vitali le terre alte, di credere in chi produce cibo senza devastare e magari di chiedere conto di quella devastazione a chi produce senza freni e con l’obiettivo la massimizzazione del profitto, costi quel che costi”.
“La cosa che mi ha davvero scandalizzato è che da nessuna parte, in quel documento - sottolinea Cinzia Scaffidi, giornalista e docente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo - si parla di agricoltura. Come fosse un elemento accessorio, una cosa utile solo a farsi belli nei pranzi di gala delle Ambasciate. In questi tre mesi la vita delle persone ha trovato un perno, un ritmo, un misuratore di benessere fisico e mentale nella relazione con il cibo. Intorno all’agricoltura si devono posizionare i tavoli di costruzione del futuro dell’ambiente, della salute pubblica, della gestione corretta dei territori, della protezione della biodiversità, dell’occupazione. Abbiamo re-imparato a fare la spesa, sono cresciute le quote di consumo del biologico anche se le istituzioni si son fatte guidare dalla facilità di gestione e di igienizzazione penalizzando le produzioni di piccola scala, l’artigianato alimentare di qualità, l’agricoltura virtuosa e favorendo solo la grande distribuzione. La quale invece si regge sulla grande industria alimentare che a sua volta si regge su un modello di agricoltura che - dal punto di vista economico, sociale, ambientale ed etico - è esattamente quello che oggi va messo in discussione, insieme a quei trattati commerciali internazionali che minacciano il senso stesso della produzione alimentare di eccellenza del nostro Paese”.
Agli Stati Generali, il 18 giugno avrà spazio, intanto, l’agricoltura, con gli interventi, sul palco, di Confagricoltura e di Coldiretti. Ma le aspettative che esca qualcosa di concreto sono davvero bassissime.
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