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Il Mattino

Investimenti doc: il vino d’annata meglio della Borsa, +250% in 15 anni per le bottiglie
da collezione … Oro, gioielli, francobolli, monete, orologi: qual è il bene rifugio che meglio mette al riparo da guerre, recessioni e crolli finanziari? Nessuno degli investimenti indicati: a rendere di più negli ultimi 10-15 anni sono stati i grandi vini da collezione. Meglio hanno fatto solo le auto d’epoca, ma se per comprare un’Ala di Gabbiano Mercedes del 1954 servono almeno 1,2 milioni di euro o addirittura 1,5 milioni per un’Alfa Romeo Zagato TZ2 del 1964, per una bottiglia di ottimo vino bastano poche centinaia di euro. E in una decina d’anni il valore - se si confermano anche in futuro gli indici annuali della Knight Frank Luxury Investment - crescerà non meno del 192%. Non come le auto antiche (+334%), ma più del doppio di orologi (+69%), diamanti (+70%), quadri d’autore (+78%). Meglio anche delle monete antiche, che con il loro 182% certo non scherzano, o dei francobolli (+103%) e dei gioielli in genere (+138%). Il vino vince anche nel confronto con i maggiori benchmark azionari. Negli ultimi 15 anni, secondo l’ultima valutazione della società inglese Liv-Ex (che analizza domanda e offerta dei vini di qualità), i collezionisti di vino hanno guadagnato più di chi ha investito in Borsa. In particolare, il Liv-Ex 100 ed il Liv-Ex 1000 dal 2004 al 31 dicembre scorso sono cresciuti rispettivamente del 213% e del 258%, contro un 144% dello Standard & Poor’s 500 di Wall Street e il “misero” 59,2% dell’indice Ftse 100 londinese. Riducendo il periodo di riferimento a cinque anni, solo l’S&P 500 (+53%) ha fatto meglio di Liv-Ex 1000 (+42%) e di Liv-Ex 100 (+21%). A sua volta l’inglese Ftse 100 è cresciuto del 5%, il Dax di Francoforte del 20% e l’Hang Seng di Hong Kong dell’11%. “Visto l’andamento del recente passato - spiega Alessandro Regoli, che dirige l’agenzia specializzata Winenews - non sarebbe una sorpresa se, nella prossima analisi, il vino conquistasse, come già successo in passato, il primo posto tra gli investimenti più redditizi, dopo un 2018 che ha visto battere record su record”. I due casi eclatanti sono stati i 496.000 e i 558.000 dollari battuti da Sotheby’s a New York per due bottiglie del 1945 della cantina francese Romanée-Conti, e gli 11,6 milioni di dollari spesi in Svizzera da Baghera Wines per una collezione di 1.360 bottiglie. A muovere verso l’alto i valori sono state altre etichette francesi come Rousseau, Leroy, Leflaive e Roumier. Bene i 10 italiani nel Liv-Ex 100 e gli altri compresi nel Liv-Ex 1000. Nel corso del 2018 le performance migliori sono state della Riserva Brunello di Montalcino 1955 di Biondi Santi (4.316 euro a bottiglia) e del Barolo Riserva Monfortino 1978 di Giacomo Conterno (3.267 euro). Nel 2018 dei 50 vini più costosi 21 erano toscani e 28 piemontesi. Il veneto Amarone 2003 Amabile del Cirè di Giuseppe Quintarelli (508 euro) è l’unico di altre regioni. Da segnalare lo straordinario exploit a ottobre del Sassicaia 2015: messo in vendita a 110 euro a bottiglia, è schizzato a 360 euro appena una settimana dopo grazie al giudizio della rivista americana Wine Spectator che l’ha valutato miglior vino al mondo dell’anno. “Le prospettive per il 2019 - afferma Regoli - sono di un mercato ancora solido, con le uniche preoccupazioni che arrivano dal fronte di Bordeaux (anche se le aspettative per l’annata 2018 sono altissime), mentre sono da tenere sott’occhio le etichette della California e del Piemonte. Ovviamente, ci saranno da capire gli effetti della Brexit sul mercato, mentre la raccolta 2018 in Borgogna, mai così alta dal 2009, potrebbe frenare la crescita dei vini di quella regione”. In ogni caso, diceva Gianni Agnelli, un raffinato conoscitore delle più interessanti cantine, “l’investimento nel vino conviene sempre perché, mal che vada, te lo bevi”.

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