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MERCATI

Il mercato Uk, centro del mondo enoico. Anche per l’Italia del vino, che punta ... su se stessa

Da Londra, nel “Simply Italian Great Wines” by Iem, l’analisi di Walter Speller e Peter McCombie, tra qualità, complessità e turismo

Per il commercio internazionale del vino italiano non è un momento semplice. Come hanno certificato i dati Istat sul primo semestre 2023, le spedizioni hanno subito una brusca frenata, virando, per la prima volta dal 2020, in negativo. Tanti i motivi che hanno frenato la crescita negli ultimi mesi, alcuni comuni a tutti i mercati, a partire ovviamente dagli effetti negativi dell’inflazione, che contrae il potere d’acquisto dei consumatori. Colpa, principalmente, dell’onda lunga dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha destabilizzato gli equilibri globali spingendo in alto i prezzi dell’energia e delle materie prime.
Ad aggravare un quadro già sufficientemente complesso e sfidante, in Gran Bretagna, dall’1 agosto, è entrata in vigore anche la riforma delle accise sugli alcolici, che riguarda ovviamente anche il vino. Messa in campo dal Governo Sunak con l’obiettivo di disincentivare i consumi dannosi, colpisce in maniera scalare birra, vino e spirits, salvaguardando così la birra, che muove un’enorme filiera, che va dalla produzione alla fitta rete dei pub Uk, e colpendo in particolar modo proprio il vino fermo, mentre le bollicine godranno di una tassazione addirittura inferiore. Il bilancio, per l’Italia, in prospettiva potrebbe rivelarsi in equilibrio, perché sui 380,4 milioni di euro di vino esportato le bollicine rappresentano poco meno della metà: 167,8 milioni di euro.
Opportunità e ostacoli, per i produttori del Belpaese, che del resto sono abituati a divincolarsi da decenni in quello che è strutturalmente il terzo mercato di destinazione del vino italiano, con Londra, come è facile immaginare, come hub per definizione dei consumi e del commercio, con il canale off-trade che rappresenta la fetta significativamente più importante delle vendite totali (86%). È qui, a due passi da Westminster, che è andata in scena la tappa britannica del “Simply Italian Great Wines” by Iem - International Exhibition Management, guidata da Marina Nedic e Giancarlo Voglino, in partnership con il magazine Uk, “The Drinks Business”, dove WineNews ha incontrato Walter Speller - corrispondente Italia per JancisRobinson.com - ed il Master of Wine Peter McCombie.
Un’occasione per fare il punto sulle prospettive a breve e medio termine del mercato britannico, ma anche per parlare di comunicazione e promozione. “La chiave per continuare ad avere successo, per il vino italiano, è nella qualità, sia per i vini entry level che per quelli di alta qualità. Nonostante i problemi che stiamo attraversando, la Gran Bretagna resta un mercato in cui è fondamentale essere presenti, perché è ancora il centro del mondo per il vino: stampa, wine merchant e consumatori restituiscono una visibilità unica, è un trampolino per tanti altri mercati”, dice Walter Speller. Guardando alle difficoltà dell’annata 2023, continua l’Italy editor di JancisRobinson.com, “i produttori non devono avere paura, né buttarla in tragedia, perché hanno dimostrato di saper gestire gli effetti del Climate Change nel migliore dei modi da almeno vent’anni a questa parte. Spesso la stampa è stata accusata di giudicare con eccessiva fretta la qualità di una vendemmia, è ancora presto per parlare e lamentarsi della 2023”.
Guardando più da vicino le possibilità e gli spazi che offrono i consumatori d’Oltremanica, per il Master of Wine Peter McCombie, “la forza del vino italiano è anche la sua debolezza la complessità. Ci sono così tanti vini e così tanti territori che spesso i consumatori non sanno da che parte iniziare: può essere appassionante quando si approcciano vini come Barolo e Chianti Classico, ma anche creare confusione. Il futuro, invece, è dei vini bianchi e dei rossi più freschi, molto spesso sottovalutati, che sanno regalare ottime acidità, tannini fini, grandissima bevibilità, ma hanno bisogno del cibo per esprimersi al meglio, perché il pairing resta un aspetto fondamentale e la cucina italiana è ancora estremamente popolare. Oltre al Prosecco ed al Pinot Grigio c’è tanto altro da scoprire, ma l’Italia del vino deve lavorare sodo affinché i consumatori possano avere accesso a cotanta ricchezza”.
La prima leva di marketing, comunque, resta l’Italia stessa, “una grande destinazione turistica, specie per chi vive in Gran Bretagna. Chi visita la Campania, con ogni probabilità, berrà un vino campano, chi sceglie la Toscana berrà vini toscani e così via. Bisogna lavorare per creare connessioni ed i produttori devono valorizzare le possibilità create da questi enormi flussi turistici. Credo fortemente che il modo migliore per creare un legame con i consumatori sia attraverso il proprio vino, e farlo assaggiare in Italia, nella propria azienda o in un ristorante, è ancora meglio. Noi inglesi amiamo l’Italia, il cibo, la moda, per noi è il Paese più glamour che ci sia, ma bisogna tenere vivo questo legame”, chiosa il Master of Wine Peter McCombie.

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