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INTERVISTA

Il mercato Usa tra rosato, Gen Z e ristorazione italiana: a WineNews, Antonino Laspina

Il direttore Ice New York: “lo scenario non è dei migliori ma ci sono segnali che possono tradursi in opportunità di crescita per il vino italiano”
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Il direttore dell’Ice di New York, Antonino Laspina

Distanti, geograficamente ed economicamente, dalle vicende europee, gli Stati Uniti, pur giocando politicamente un ruolo di primo piano nel conflitto russo in Ucraina, possono guardare con occhi diversi al 2022, altro anno drammatico, già reso difficile da quelle dinamiche inflazionistiche che hanno segnato negativamente la fine del 2021, con l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia che mina la ripresa dell’economia globale ed il tanto atteso rimbalzo. E che Oltreoceano si respiri un’aria diversa, per tanti motivi, lo racconta, a WineNews, Antonino Laspina, direttore Ice New York, che tratteggia le linee guida di quello che, per il vino italiano, è di gran lunga il mercato export più importante, dove il futuro è “rosa”, e sempre più in mano a Gen Z e Millennials, che hanno capacità di spesa importante, ma vanno saputi conquistare ripensando lo storytelling di un mondo ricco di unicità e diversità, dove la bellezza dei paesaggi va a braccetto con il rispetto dell’ambiente, nella consapevolezza che la promozione è decisiva, e intraprende sempre nuove strade, dagli scaffali della Gdo ad una ristorazione sempre più ... italiana.

“Lo scenario non è dei migliori - racconta Antonino Laspina - ma dal mercato Usa arrivano segnali incoraggianti, che potrebbero tradursi in opportunità di crescita per il vino italiano. In questi due anni il consumatore americano ha premiato la qualità dei nostri prodotti, con una crescita importante del prezzo medio, cresciuto del 20% sul 2020 e del 14% sul 2019, mutando la struttura del nostro export. Ma a cambiare è stata anche la struttura delle esportazioni, con il rosé che sta prendendo quota: per i francesi prima del Covid valeva 300 milioni di euro, per noi appena 10-15 milioni di euro. Nonostante i consumi di rosé siano ancora molto legati ai giovani ed alle occasioni conviviali, è stato proprio durante la pandemia che abbiamo pensato alle strategie future per questa categoria che, dopo la parentesi Covid, è destinato a giocare un ruolo di primo piano. Ormai, il rosé si consuma per fasce di consumatori e per momenti della giornata, non più solo in spiaggia o in piscina, e le nostre imprese hanno aggiustato il tiro e l’offerta di conseguenza”.

L’ottimismo del direttore Ice New York, del resto, è sostenuto “dalla capacità del nostro sistema vino di sapersi adattare al mercato. Di fronte alla chiusura di negozi e locali, abbiamo subito capito cosa il mercato avrebbe chiesto. Ci è andata bene, perché abbiamo lavorato molto bene negli ultimi anni, specie sul campo dell’educazione, che ha sopperito alla mancanza di grandi gruppi di distribuzione. Capire le esigenze dei consumatori è una condizione che abbiamo creato nel tempo, lavorando sui territori in cui il reddito pro capite è tale da rendere più semplice l’approccio al vino italiano. Con la ripresa degli eventi, è tornata anche la curiosità di conoscere e capire l’economia del vino italiano tra i professionisti americani, dai distributori agli influencer, dai giornalisti agli importatori, che comunque si sono sempre tenuti aggiornati e connessi attraverso i nuovi media, che hanno avuto un ruolo centrale in questi due anni”.

In questo senso, il merito maggiore della nuova comunicazione “è stato quello di avere tagliato con molti pregiudizi e luoghi comuni”, spiega Antonino Laspina. “Ad esempio, la crescita della vendita diretta ha avuto un grande effetto tra Gen Z e Millennials, che hanno superato l’intermediazione, prendendo coscienza direttamente di ciò che è il vino italiano, instaurando un rapporto tra pari. Le azioni di comunicazione che abbiamo fatto negli anni, puntando su autenticità, originalità e diversità, ha spinto i wine lovers alla scoperta di nuovi territori e nuovi vini, liberandosi da qualsiasi pregiudizio. In tutto questo, la qualità resta la vera chiave per superare gli indicatori macroeconomici che sono oggi in chiaroscuro”.

Guardando ai consumatori più giovani, e quindi al futuro, “i fattori che emergono come valori importanti sono: sostenibilità, rispetto per la natura, approccio green, e sfido chiunque a trovare un’industria del vino capace di coesistere con le bellezze, artistiche, paesaggistiche ed architettoniche del proprio Paese, come fa l’Italia”, dice il direttore Ice New York.La vera sfida è riscrivere lo storytelling, raccontare questa storia, fatta di realtà aperte e non di colossi. Se la trasparenza e l’approccio green sono tra i valori più rilevanti per la Gen Z, da raccontare abbiamo un sacco di cose, sempre lungo la direttrice di innovazione e tradizione. È una sfida che dobbiamo accettare, i contatti con gli influencer saranno indispensabili, e dobbiamo far sì che abbiano gli strumenti giusti per raccontare la bellezza di luoghi come Montalcino, le Langhe Patrimonio dell’Umanità Unesco, le Colline del Prosecco, il Chianti. Il mercato ci chiede di cambiare ed attualizzare il nostro messaggio ai consumatori. Un altro aspetto importante da sottolineare - continua Laspina - è che qui i soldi nelle tasche dei giovani arrivano molto prima che in Europa. Non sono mercati simili, al di là della globalizzazione: la Gen Z americana ha in tasca molti più soldi dei coetanei europei, perché entrano molto prima nel mondo del lavoro. Il giovane che inizia a lavorare percepisce già lo stipendio medio Usa, e questo gli consente un accesso ai beni voluttuari molto superiore rispetto ai coetanei europei”.

Non fa paura, invece, la competizione con la vicina California, sulla cui “capacità di essere amata dai giovani nutro qualche dubbio: ha fasi di siccità tremende, e bisogno di acqua che toglie ad altri settori, non so quanto sia in linea con le idee ecologiste dei più giovani. In questo senso - aggiunge il direttore Ice New York - il made in Italy ha tanti punti di forza, così come quando si parla di Dieta Mediterranea: le alternative sono inesistenti e peggiori in termini di impronta ecologica. Ci vogliono ovviamente modelli promozionali efficaci, che ci consentano di rimanere leader di mercato. L’educazione è stata fondamentale, così come le attività fatte con la Gdo, il nostro storico tallone d’Achille: non abbiamo grandi gruppi, ma abbiamo portato il vino italiano in maniera importante sugli scaffali delle grandi catene. Importante anche la partnership con Wine.com, leader del commercio online di vino in Usa. L’obiettivo è quello di coinvolgere sempre più persone, riscoprendo l’importanza del ruolo della ristorazione per veicolare il vino di qualità”.

A proposito di ristorazione italiana, “gli Stati Uniti stanno vivendo una fase nuova: la vera cucina italiana di qualità sta prendendo ormai il posto delle storiche realtà “italian-american”, accorciando la distanza reale tra due modi di intendere la cucina italiana oggettivamente molto distanti. Il mercato sta cambiando, anche per dinamiche interne agli Usa: gli americani sono tornati a viaggiare per il mondo, costruendo sinergie tra imprenditori americani e italiani e dei gruppi della ristorazione così sempre più italiani in terra Usa, dalla Florida al Texas. E la stessa cosa succede in tante altre città del mondo, dove ormai tecniche e prodotti sono ben diversi da com’erano trent’anni fa. Sono fenomeni importanti - ricorda Laspina - perché è da qui che passa il successo del vino di qualità, ed è qui che passeranno molte attività di promozione. L’obiettivo è avere più strumenti possibili per affrontare le negatività del contesto economico attuale”.

In definitiva, il sistema Italia nel grande e ricco mercato Usa funzione, ed i meriti, secondo il direttore Ice New York Antonino Laspina, “sono da ascrivere alla sinergia tra pubblico e privato, perché da soli non si va da nessuna parte. C’è sempre l’incognita che pende sui finanziamenti europei, ma è anche vero che sarebbe un gioco a somma zero, perché ne beneficiano anche i nostri concorrenti. Punterei invece sulle peculiarità di un’industria che sa essere dinamica, e che sta tornando alla normalità, come racconta il Vinitaly in calendario da tempo, occasione di ripartenza anche per i buyers Usa. È un sistema capace di raccogliere e rispondere alle sfide, non solo del mercato, ma anche dei territori, rispetto ai quali ha responsabilità enormi, che sa assolvere: dove c’è il vigneto, i paesaggi sono dipinti. E tutto questo va portato nel mondo”.

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