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Il Messaggero

Calano i consumi di vino si beve meno ma di qualità … Le vendite dei tipi “fermi” giù del 6,9% più marcata la flessione delle bollicine. I giovani Millennials e Generazione Z stappano soprattutto bottiglie pregiate… Giornate decisive per la quantità e qualità dell’annata 2022 del vino. In molti territori il caldo ha anticipato di un paio di settimane la vendemmia e sta ora obbligando i vignaioli a velocizzare la raccolta e la consegna in cantina dei grappoli per evitare stress estremi all’uva. Complessivamente viene confermata la previsione di una raccolta inferiore del 10-20% rispetto allo scorso anno (poco meno di 50 milioni di ettolitri). Le minori quantità non saranno però un problema, visto che nelle cantine italiane (dati Icqrf del ministero dell’Agricoltura) sono stoccati al momento 47,2 milioni di ettolitri di vino (+3,8% rispetto al 2021) e 4,6 milioni di ettolitri di mosti (+20,7%). Enorme giacenza mentre i consumi di vino continuano a scendere. Nella grande distribuzione – certifica l’istituto di ricerca Iri- al giro di boa di metà anno. La vendita dei vini fermi ha perso il -6,9% in valore sulla prima metà del 2021 (a quota 1,09 miliardi di euro) e un -8,4% a valore (280 milioni di euro) e del -9,4% in volume (42,4 milioni di ettolitri). Non si tratta di un fenomeno solo italiano. L’ultima analisi firmata Iwsr-international Wine&Spirit Research (diffusa in Italia da WineNews), dimostra che ormai da almeno 5 anni i consumi sono in calo in ogni regione del mondo, ad eccezione del Sud America e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica, che però non compensano i tre mercati principali. In Francia, Italia e Usa – commenta WineNews – il passaggio generazionale ha comportato una forte riduzione del consumo quotidiano dei vini a basso prezzo, legato ai consumatori più anziani. I più giovani – i Millennials e la Generazione Z – difficilmente bevono ogni giorno, e quando lo fanno puntano sui vini di qualità. Per le nuove generazioni il trend è bere molto meno, spendendo di più- Le previsioni di Iwsr da qui al 2026 indicano una contrazione dello 0,9% annuo per i consumi di alcolici (aumenta solo la birra). In questa situazione di mercato è quinti importante garantire l’alta qualità delle produzioni. La vendemmia in corso sembra rispondere alla domanda. Secondo Federico Castellucci, presidente della Federazione vino di Confagricoltura, “del 2003, l’annata che ha segnato la svolta climtica con conseguenze evidenti sulle produzioni, l’intero settore primario e il suo indotto hanno investito per affrontare senza gravi conseguenze gli effetti del cambiamento climatico. Quindi, anche di fronte a stagioni difficili come questa, la qualità non sarebbe in discussione”. Discorso diverso sulle quantità. In Liguria il calo del raccolto potrebbe sfiorare il 40% in alcune aree. Addirittura, il 60% nell’Oltrepò Pavese. In Lombardia dove si attende un complessivo calo del 20%. In Veneto – secondo Confagricoltura – i vigneti senza irrigazione sono in una situazione drammatica a cui si unisce la problematica della Flavescenza dorata in particolare per i bianchi. Il calo produttivo sarà superiore al 10%. Ancora peggio in molte aree del Friuli, mentre in Trentino nelle aree di fondovalle non si evidenziano problemi in quanto i vigneti hanno avuto a disposizione sufficiente dotazione idrica. Le stime per l’Emilia-Romagna attestano un drastico calo del raccolto nelle aree collinari con una flessione produttiva stimata nell’ordine del 25-30%. In Toscana la totale assenza di piogge su quasi tutta la regione da circa tre mei con consente di individuare facilmente l’andamento produttivo della vendemmia 2022 anche dal punto di vista qualitativo. Ragionamento analogo per il Piemonte. In Umbria, Marche e Abruzzo, il calo dovrebbe essere del 20% e così nelle Marche e in Abruzzo. In questa fase domani anche nel Lazio l’incertezza climatica che può far evolvere la stagione estremamente positiva per quantità e qualità, o molto negativa per ambedue gli aspetti. “Purtroppo le previsioni pendono per la seconda ipotesi” sintetizza Confagricoltura. In Campagnia e nelle altre regioni del Sud i valori produttivi dovrebbero essere in linea con l’ultimo quinquennio.

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