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Il Messaggero

Vino da record nel 2019 ma ora la crisi fa paura … Il Vinitaly, una delle più importanti fiere enologiche del mondo, avrebbe dovuto aprire le porte oggi a Verona, ma è stata spostata al 2021. L’evento avrebbe celebrato gli ennesimi successi e il record di export raggiunto nel 2019 con 6,4 miliardi di euro. C’è invece preoccupazione per il blocco delle esportazioni e la chiusura in Italia di bar e ristoranti che vale 2,8 miliardi di euro, il 30% del giro d’affari del settore. Sicuramente quest’anno, neanche i big riusciranno a replicare gli ottimi risultati dello scorso armo. Pambianco Strategie di Impresa ha analizzato i preconsuntivi 2019 delle maggiori aziende del settore: la crescita rispetto al 2018 è stata del 2% per le realtà di fascia commerciale, del 5% per le aziende premium con i marchi più noti, dell’1% nella spumantistica. Prima per fatturato nella classifica generale si conferma Cantine Riunite & Giv con 624 milioni di ricavi, otto in più del 2018. Al secondo posto Caviro con un giro d’affari di poco inferiore ai 330 milioni di euro. Terza posizione per Antinori a 250 milioni di euro 16). Interessante la performance di Botter (da 195 a 217). Nel corso della settimana si sono intensificate le indiscrezioni su una trattativa dai ritmi serrati del Fondo Clessidra della famiglia Pesenti per acquisire il controllo del gruppo di Fossalta di Piave (Venezia). Botter ha sorpassato in classificai Fratelli Martini (210 milioni) e Zonin (206). Se la fotografia de12019 è buona, sul 2020 incombe la crisi legata al coronavirus. Che in effetti non colpisce tutti. Alcune etichette italiane sembrano avere una marcia in più. “Anche in un momento difficile i grandissimi vini (ma non più di 100 al mondo) continuano a vivere di vita propria, totalmente scollegata dalla realtà”, racconta il direttore di Winenews Alessandro Regoli. Il Liv-Ex, riferimento degli investitori mondiali di vino, indica Sassicaia come top assoluto per rivalutazione con l’annata 2009, cresciuta de117%. Balzi in avanti anche per Soci San Lorenzo 2011 di Gaja (+16%) e Solaia 2013 di Antinori (+12%). “Insieme ad altri grandi mostri sacri del vino italiano come il Barolo Monfortino di Giacomo Conterno - spiega Regoli il vino italiano ha conquistato una marketshare del 24% in questo mercato”. Sul fronte opposto del buon rapporto qualità/prezzo della singola bottiglia, anche il mondo della cooperazione sembra affrontare con più serenità il momento, alla luce dell’incremento della vendita di vino nei supermercati (tra il 10 e il 15% in più in marzo) e il boom delle vendite on “La maggior parte delle nostre cooperative - afferma Luca Bigotti, coordinatore vino di Alleanza Cooperative - si sono da tempo strutturate non solo rispetto al fuoricasa, ma anche sui canali della grande distribuzione organizzata e dell’export e questo ci ha consentito di attutire, almeno in parte, il crollo delle vendite di bottiglie nei ristoranti, nei locali e nelle strutture ricettive in genere”. “Nessuno -aggiunge però Rigotti - è in grado di prevedere gli scenari futuri né sul mercato interno, né sul fronte delle esportazioni dove si temono ripercussioni significative su Stati Uniti, Cina o la stessa Europa”. La gran parte dei produttori è comunque pessimista. Tutte le maggiori organizzazioni della filiera (Confagricoltura, CIA, Alleanza Cooperative, Copagri, Unione italiana vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi) hanno proposto alla ministra all’Agricoltura Teresa Bellanova quattro azioni immediate a partire dalla trasformazione in alcol sanitario e dalla distillazione volontaria delle eccedenze di vino nelle cantine. “C’è l’esigenza di marciare sul doppio binario di interventi immediati per affrontare l’emergenza e, insieme, gettare le basi per una strategia di rilancio”, sintetizza il presidente di Unione italiana vini Ernesto Abbona.

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