L’enoturismo, lo vediamo in Italia, con il suo ruolo da leader che anche la Francia sogna di superare, è da considerare ben più di una risorsa tanto per “smuovere” le vendite dirette, canale sempre più prezioso, ma anche un modo per far conoscere un “savoir faire” unico e quel mix di artigianalità, paesaggi e cultura, frutto dell’ingegno umano e del suo rapporto con la natura, che sono certamente un “plus” per il prodotto vino e la sua immagine, toccando concretamente quella sfera “emozionale” sempre più ricercata dai turisti di tutto il mondo. Il fenomeno dell’enoturismo ha comunque radici relativamente moderne. Se ne è iniziato, infatti, a parlare oltre 30 anni fa, oltre che in Italia, in California dove, in questo arco di tempo, il distretto della Napa Valley ha raggiunto livelli di eccellenza ed una rilevanza economica sempre più importante. Basti pensare che, nel 2023, ben 3,7 milioni di persone hanno visitato il territorio, apportando all’economia locale oltre 2,5 miliardi di dollari. Un modello che ha fatto scuola e continua a farla anche fuori dal contesto del vino. Un curioso esempio, infatti, arriva dal Giappone dove è in “costruzione” un progetto inedito, quello della “Japa Valley”, che punta a proporre “un nuovo modo di intrecciare l’arte nel tessuto della vita quotidiana” e, in particolare, come suggerisce anche l’assonanza del nome, ridisegnare “il modello turistico attraverso la lente dell’artigianato, reinterpretando creativamente la Napa Valley californiana, sostituendo la produzione vinicola con la magistrale arte della produzione di sakè giapponese”. L’idea è nata dalla collaborazione tra la “superstar” Pharrell Williams, artista a tutto tondo, vincitore, tra l’altro, di 13 Grammy Award, ma anche, dal 2023, direttore creativo uomo di Louis Vuitton, dallo stilista, ma con interessi che spaziano anche in altri settori, Nigo,direttore artistico della maison francese Kenzo, e Not a Hotel, marchio giapponese legato all’ospitalità. Una collaborazione che va avanti da tempo e che ha portato a sognare un “primo visionario quartiere dedicato all’arte, al commercio e all’ospitalità” che vuole essere “un nuovo modello per la comunità e il turismo”.
L’inaugurazione è prevista per il 2027 a Tokyo vicino alla stazione di Yurakucho. Un vero quartiere artistico, dunque, ma comunque temporaneo, dove far convivere arte (con, ad esempio, l’opera dell’artista statunitense Kaws), design e spazi per la convivialità. E qui, il protagonista, sarà il sakè, uno dei prodotti più celebri del Giappone la cui produzione, va ricordato, è stata inserita, nel 2024 dall’Unesco, nella lista dei Patrimoni Culturali Immateriali dell’Umanità. Un prodotto che appare in forte crescita, sfiorando, nel 2024, i 43,5 miliardi di yen di export (di cui oltre 78.000 in Italia, dove l’interesse sta aumentando), secondo i dati del Japan Sake and Shochu Makers Association (Jss), che mostrano anche come, nel primo semestre 2025, le esportazioni siano aumentate sullo stesso periodo 2024, passando da 16,8 a 19,1 miliardi di yen (ovvero oltre 111.000 euro, ndr). C’è anche da dire che l’indebolimento dello yen ha contribuito al boom turistico giapponese (si parla di “overtourism”, ndr), con oltre 36 milioni di visitatori accolti, nel 2024, dal Paese del Sol Levante.
Certo, con le sue 4 regioni, le 5 città, un clima di sole per quasi tutto l’anno, un universo di oltre 400 cantine e 90 tasting rooms, il modello Napa Valley non sembra replicabile. Ma, intanto, continua a fare scuola e chissà se la futura “Japa Valley” non possa concretizzarsi in un esperimento “Happy”, tanto per riprendere il titolo di una hit universale di Pharrell Williams.
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