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SCENARIO COVID

Il mondo del vino critica lo stop alle vendite nei pubblici esercizi dopo le ore 18 in Lombardia

Dopo la lettera dell’imprenditore chiantigiano Piccini al Governatore Fontana, le posizioni di Uiv, Federvini, Assoenologi, Chianti e Franciacorta
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Il mondo del vino critica lo stop alle vendite nei pubblici esercizi dopo le 18 in Lombardia

Con la Lombardia e Milano tornate prepotentemente epicentro dei contagi da Covid in Italia (4.125 nuovi positivi in un giorno nella Regione sui 15.199 nuovi contagi di oggi, 1.858 solo a Milano, secondo i dati della Protezione Civile), le amministrazioni regionali e cittadine vanno avanti a suon di divieti e ordinanza, in un quadro che si aggiorna di ora in ora. E se a livello complessivo da discutere il coprifuoco che sarà imposto da domani dalle ore 23.00 alle ore 5 del mattino, guardando la realtà con la lente di ingrandimento del vino, a tenere banco è ancora l’ordinanza n. 620 del 16 ottobre 2020 della Regione Lombardia, guidata da Attilio Fontana che tra le altre cose, nelle norme “anti-movida”, ha stabilito che “è vietata la vendita per asporto di qualsiasi bevanda alcolica da parte di tutte le tipologie di esercizi pubblici, nonché da parte degli esercizi commerciali e delle attività artigianali dalle ore 18”.
Ordinanza che, dal mondo del vino, ha ricevuto le prime critiche aperte, già il 19 ottobre, da Mario Piccini, alla guida del gruppo vinicolo Piccini, che ha scritto una lettera aperta a Fontana, come già riportato ieri da WineNews, a cui poi, nelle ultime ore, si sono aggiunte, con toni più o meno forti, quelle di rappresentanze di filiera come Unione Italiana Vini (Uiv) e Assoenologi, e di consorzi del vino italiano come quello del Chianti, o quello lombardo della Franciacorta.

“Siamo convinti che le scelte relative alle limitazioni sui consumi degli alimenti e dei vini dovrebbero essere adottate secondo il principio di proporzionalità, con l’obiettivo di evitare ulteriori penalizzazioni a migliaia di imprese vitivinicole e a un settore già fortemente penalizzato dalle restrizioni dei mesi precedenti e, in generale, dalla pandemia che ha fortemente limitato i consumi”, ha scritto a sua volta in una lettera la Unione Italiana Vini, che con le imprese associate rappresenta il 50% del fatturato del vino italiano. “Siamo fermamente sostenitori di una stretta collaborazione tra mondo imprenditoriale e istituzioni regionali nell’attuale contesto - ha commentato ieri il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti - ma la limitazione dell’asporto dei prodotti vitivinicoli dagli esercizi commerciali, oltre a non avere impatto sulla possibilità di aggregazione, priva il settore di una fonte di reddito alternativa e compensativa a quella derivante dai consumi nella ristorazione e infligge un nuovo colpo al settore già fortemente provato”.
“È indubbio che il contenimento della pandemia espone gli Amministratori sul territorio ad una pressione straordinaria, con la necessità di adottare anche misure sociali, per contenere l’aumento dell’indice di contagio. Tuttavia, i miei colleghi produttori di vini, aperitivi, liquori e distillati - scrive, invece, il presidente Federvini, Sandro Boscaini - guardano con vivissima preoccupazione all’ordinanza che vieta l’asporto, di fatto la vendita, di bevande alcoliche a partire dalle 18. Pur immaginando che la norma sia stata pensata per contrastare forme improprie di assembramenti, il divieto limita un’attività commerciale destinata al consumo in casa, principalmente in famiglia, con grave danno per i produttori che vedono limitata una pratica commerciale che nessun impatto ha con il contenimento della pandemia. Anzi va proprio nella direzione opposta a quella che la sua Regione sta maturando con la prossima adozione di quello che è giornalisticamente definito come “coprifuoco”. Le chiedo, pertanto, insieme a tutti i colleghi produttori, di abrogare quella parte dell’ordinanza anche tenendo conto delle nuove disposizioni adottate dal Governo con il DPCM del 18 ottobre e delle norme limitative alla vita notturna che la Regione che presiede si appresta a mandare in vigore”.
A scrivere a Fontana anche Riccardo Cotarella, alla guida di Assoenologi: “le sono umanamente accanto, consapevole che, mai come adesso, governare una Regione del nostro straordinario Paese richiede fermezza, coraggio e visione strategica. La complessa e difficile emergenza sanitaria che il mondo intero sta da mesi vivendo non sfugge a nessuno. Tanto meno ad Assoenologi, che mi onoro di rappresentare in qualità di presidente. È per questo, Governatore, che non comprendo, né sono disposto ad accettare passivamente, una specifica ordinanza, da Lei licenziata, che mina il cuore produttivo del settore enologico. Mi riferisco alla recente ordinanza - la cosiddetta anti-movida - che vieta la vendita di vino e alcolici dopo le ore 18 in tutti gli esercizi commerciali pubblici. Una norma che, non solo si fa fatica ad accogliere, ma è anche di difficile comprensione all'interno di un quadro strategico teso al contrasto della diffusione del virus. Dietro ogni ordinanza ci sono vite appese che meritano scelte ponderate. Perché in una fase come questa, da ogni decisione presa, il rischio di non poter tornare indietro è elevatissimo”, scrive tra le altre cose Cotarella, offrendo disponibilità al dialogo ma chiedendo di “rivedere la posizione assunta in merito all'ordinanza sopracitata. Ne va della sopravvivenza di migliaia di produttori e lavoratori del comparto enologico e vitivinicolo lombardo e italiano”.
Senza mezzi termini, invece, la presa di posizione del Consorzio del Chianti, uno dei più grandi e presenti nella distribuzione organizzata d’Italia, guidato da Giovanni Busi: “vietare dalle 18 la vendita del vino nei supermercati, nelle enoteche, in tutti gli esercizi commerciali e artigianali, è una follia, un attacco al buon senso, un provvedimento incomprensibile. Si vuole attaccare e criminalizzare il vino, come fosse la causa degli assembramenti. La cosa incredibile, e che ci stupiamo non venga colta - commenta Busi - è che ad essere penalizzate sono soprattutto le persone che dopo il lavoro fanno la spesa e magari per cena comprano una bottiglia di vino. Di solito i giovani, a cui crediamo sia rivolta questa misura, hanno più tempo libero: il vino possono comprarlo anche prima delle 18 e poi berlo fuori, per strada. Non è difficile da comprendere, ma di cosa stiamo parlando? Attaccare il settore nel canale della grande distribuzione, l’unico che ha retto e ha garantito nel corso della pandemia la sopravvivenza di molte aziende, significa non comprendere la gravità della crisi che sta mettendo in difficoltà imprese e lavoratori. La Regione Lombardia ci ripensi”.Usa toni meno duri, ma comunque critici, Silvano Bresciani, alla guida del Consorzio del Franciacorta, come si legge sul quotidiano “Il Giorno” di Brescia di oggi: “impedire l’acquisto di vino alle ore 18 ci penalizza, non c’è dubbio. La situazione è difficile, ma credo che non sia proibire il consumo con un orario a risolvere il problema. Serve equilibrio e massima attenzione: altre e più forti restrizioni potrebbero portare a danni catastrofici non solo al mio comparto, ma a tutta la ampia galassia dell’enogastronomia che, nel nostro Paese, ricopre una fetta importante del prodotto interno”. Una vicenda, tra le tante, che racconta le difficoltà di questi tempi, nel far coincidere la tutela della salute pubblica, che è ovviamente la priorità assoluta, con misure calibrate capaci di tutelare, dove possibile, economia e una quotidianità il più normale possibile,

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