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DA MICHELANGELO A PISTOLETTO

Il museo “a cielo aperto” del Chianti Classico, distretto del vino e dell’arte internazionale

Dal Rinascimento all’arte contemporanea, a fare del territorio un’“avanguardia” è anche uno dei sodalizi tra vino e arte più longevi e famosi al mondo

Fin dalla fine del Trecento, quando per la prima volta il nome “Chianti” appare in un documento ufficiale, quel territorio così bello da sembrare dipinto, compreso esattamente a metà strada tra Siena, città medievale per eccellenza, e Firenze, culla del Rinascimento italiano, inizia davvero a comparire nei dipinti. A sceglierlo come sfondo, sono i più grandi artisti del Rinascimento, da Botticelli a Donatello, da Michelangelo a Leonardo, fino al Vasari che lo raffigura nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. Oggi che il Chianti Classico è tra i vini italiani più famosi, sono ancora i più importanti artisti al mondo a farne un vero e proprio distretto non solo del vino, ma anche dell’arte internazionale. Un territorio d’“avanguardia”, dove il sodalizio tra vino e arte è uno degli esempi più longevi e riusciti, grazie a cantine che proseguono l’antica tradizione del mecenatismo culturale e a luoghi, spesso inaspettati, che diventano spazi espositivi ospitando le opere che gli artisti più famosi creano in situ. Dal Castello di Ama per l’Arte Contemporanea a Nittardi con le sue etichette-opere d’arte, dal Parco Sculture del Chianti a Pievasciata B.A.C. Borgo d’Arte Contemporanea, dalla Cantina Antinori nel Chianti Classico al progetto “Le Radici dell’Arte” della Tenuta Casenuove, per citare solo alcuni esempi. Il risultato, per gli amanti del vino come per quelli dell’arte di tutto il mondo, è davvero eccezionale.
Del resto la prima “opera d’arte” è lo stesso Chianti Classico, come territorio, ufficialmente e pionieristicamente riconosciuto all’inizio del Settecento dal Granduca di Toscana Cosimo III con la delimitazione dei confini della già famosissima zona di produzione del “vino Chianti”, e come vino, naturalmente, la cui fama oltrepassava così tanto quei confini, da spingere il “Barone di Ferro” Bettino Ricasoli a fissare per sempre la “formula perfetta” della sua qualità nella seconda metà dell’Ottocento. Con l’appellativo di “Classico” che, aggiunto nel Novecento per distinguerlo dagli altri vini, non può che far pensare ad uno stile che accomuna la produzione enologica a quella artistica, ed in cui la natura è fonte inesauribile di ispirazione per l’uomo.
Un territorio-icona del paesaggio italiano, costellato di conventi, chiese, castelli, ville e tenute, come Villa Vignamaggio appartenuta alla famiglia di Monna Lisa, “La Gioconda”, e dove Francesco Redi compose “Il Bacco in Toscana”, o come l’Antica Fattoria Machiavelli dove Niccolò Machiavelli scrisse “Il Principe”, dalla Badia a Passignano, che custodisce il capolavoro de “L’Ultima Cena” del Ghirlandaio, alla rinascimentale Villa Le Corti dell’architetto Santi di Tito, dal Castello di Fonterutoli, sfondo della leggenda del Gallo Nero e della “singolar tenzone” tra Firenze e Siena per il dominio sul territorio, al Castello di Brolio del “Barone di Ferro”, tutte “Dimore Storiche Italiane” che sono un monumento dell’Italia.
Un territorio capace di mantenere una così importante eredità senza rinunciare all’innovazione e alla contemporaneità. E forse è anche per questo che, da tempi non sospetti, i più grandi artisti internazionali lo hanno eletto ad uno dei luoghi di opere ed installazioni site-specific più importanti al mondo. A partire dal Castello di Ama per l’Arte Contemporanea, che, dal lontano 1999, grazie a Marco Pallanti e Lorenza Sebasti, proprietari di una delle più importanti cantine italiane ed appassionati collezionisti, raccoglie opere concepite dialogando con lo spirito del luogo da artisti come Michelangelo Pistoletto, Anish Kapoor, Louise Bourgeois, Daniel Buren, Kendell Geers, Hiroshi Sugimoto, Lee Ufan e Roni Horn, solo per citarne alcuni, in una collezione in continuo arricchimento, tra i primi esempi del genere in Italia e oggi tra le più importanti al mondo. E che, con lo sguardo sempre rivolto al futuro, nel 2021 è pronta ad inaugurare una nuova opera della statunitense Jenny Holzer (e una “nuova casa” per le bottiglie storiche). È dal 1981, invece, che uno dei più storici sodalizi italiani tra vino e arte voluto da Nittardi per il suo cru più prezioso, il Chianti Classico Casanuova di Nittardi Vigna Doghessa, ha portato in bottiglia oltre 60 opere di grandi artisti internazionali, da Emilio Tadini a Valerio Adami, da Friedensreich Hundertwasser ad Eduardo Arroyo, da Mimmo Paladino a Yoko Ono, da Tomi Ungerer a Günter Grass, da Pierre Alechinsky a Dario Fo, da Corneille a Igor Mitoraj, da Kim Tschang Yeul a Allen Jones e Mikis Theodorakis, tra gli altri, fino all’ultima, svelata ad inizio anno: un Bacco incoronato con foglie d’ulivo che porge un bicchiere di vino alla Sibilla dell’artista tedesco Johannes Heisig. Una collezione custodita accanto al Giardino delle Sculture, sullo sfondo di una tenuta oggi di proprietà di Peter Femfert, Stefania Canali e del figlio Léon Femfert, appartenuta con i suoi vigneti ad uno dei più grandi geni dell’arte mondiale: Michelangelo.
Nasce invece dall’incontro pubblico-privato Pievasciata B.A.C. Borgo d’Arte Contemporanea, che dal 2012 ad oggi conta 11 opere di artisti italiani ed internazionali nel piccolo borgo del Chianti Classico, grazie alla collaborazione tra istituzioni, gli abitanti e le cantine Borgo Scopeto, Casuccio Tarletti e Tolaini. E questo perché un aspetto importante del progetto, è la rivalutazione di alcuni spazi urbani prima abbandonati che hanno ritrovato il loro vecchio fascino con un accento contemporaneo. Un progetto nato accanto al Parco Sculture del Chianti, la mostra permanente di installazioni e sculture contemporanee in cui l’arte e la natura si integrano in un bosco. E vino e arte formano un connubio perfetto anche alla Tenuta Casenuove dove Philippe Austruy, imprenditore francese appassionato di arte, architettura e vini, in collaborazione con la Galleria Continua di San Gimignano, nel 2020 ha dato vita al progetto “Le Radici dell’Arte”, con la prima installazione permanente di Pascale Marthine Tayou e le opere esposte nello spazio “Il Vino dell’Arte” a Panzano, invitando ogni anno gli artisti a creare opere in situ, come “Teenager teenager”, l’altra installazione di Sun Yuan e Peng Yu con uomini e donne vestiti con abiti di Salvatore Ferragamo nella Sala delle Volte della Tenuta.
Senza dimenticare le cantine d’autore firmate dai più celebri architetti, come Antinori nel Chianti Classico, dove il “cerchio” che dal Rinascimento porta ai giorni nostri si chiude nella lunga storia della committenza di opere d’arte della famiglia Antinori, dall’antico Palazzo Antinori a Firenze disegnato dall’architetto dei Medici Giuliano da Maiano al progetto dell’archistar Marco Casamonti che celebra il legame secolare con il territorio del Chianti Classico.
Anche il ripensamento degli spazi come conseguenza della pandemia, ancora una volta, fa del Chianti Classico un modello nella fruizione dell’arte: un museo “a cielo aperto” dove le distanze sono naturali ed in cui le opere “diffuse”, il paesaggio e gli edifici monumentali antichi e moderni sono i soggetti di un unico “quadro d’insieme” che raffigura tutta la bellezza del patrimonio culturale italiano ed il suo legame con il vino. E a sancire tutto questo definitivamente, non potrà che essere il riconoscimento a Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco del territorio del Chianti Classico.

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