
Un’azienda vitivinicola, interamente a conduzione biologica e con ciclo produttivo completo, che si sta realizzando nell’area archeologica di Pompei, con una vera e propria vigna “archeologica” che, forte dell’esperienza acquisita negli ultimi anni su alcuni vigneti già esistenti, sarà costruita arrivando ad un’estensione vitata che nel tempo supererà i 6 ettari, e con strutture di vinificazione e affinamento da realizzarsi nel perimetro del Parco per tornare a produrre “vino pompeiano” di qualità. Ecco il “cuore pulsante” della forma speciale di partenariato pubblico-privato attraverso il quale il Gruppo Tenute Capaldo, e in particolare le cantine Feudi di San Gregorio e Basilisco, già “custodi” della storia del vino dei rispettivi territori, dall’Irpinia in Campania al Vulture in Basilicata (con i cosiddetti “patriarchi della vite”), affiancano il Parco Archeologico dell’antica città sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., Patrimonio dell’Unesco, nella gestione e valorizzazione storica dei vigneti tra gli scavi più famosi e visitati al mondo, illustrato, oggi, nello scenario del Vigneto della Casa della Nave Europa (e di cui avevamo dato notizia, su WineNews, già a fine 2024, ndr).
Un progetto di lungo termine, con il quale Pompei scrive un nuovo capitolo per la viticoltura e la storia del patrimonio naturalistico del sito e non solo, la cui esecuzione non è affidata ai classici strumenti di collaborazione pubblico-privato (la concessione o l’appalto), ma viene garantita da un partenariato in cui il Parco e il Gruppo Tenute Capaldo collaborano mettendo a fattor comune le rispettive esperienze e competenze. La nuova azienda vitivinicola, fa leva, infatti su un’importante ricerca in merito alle tecniche tradizionali di allevamento della vite e di trasformazione delle uve, in collaborazione con il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano, oltre a beneficiare delle consolidate competenze agronomiche di Feudi di San Gregorio e del suo responsabile di produzione Pierpaolo Sirch, agronomo di fama internazionale.
“Il Parco archeologico fin dagli Anni Novanta, si è occupato, attraverso gli studi di botanica condotti dal Laboratorio di ricerche applicate interno, di analizzare i vigneti dell’antica Pompei, per indagarne le caratteristiche storico scientifiche, le tecniche di viticoltura e dunque le abitudini alimentari. Da allora sono state attuate azioni di valorizzazione dei vigneti, quale modo per raccontare e far conoscere la città antica sotto aspetti diversi - ha detto il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel - oggi il Parco sta investendo in una più ampia forma di valorizzazione nonché di tutela del patrimonio naturale, del paesaggio e dell’ambiente che sono elementi integranti dell’area archeologica. L’azienda vitivinicola fa parte di un più ampio progetto di azienda archeo-agricola che sta interessando anche altre attività, quali ad esempio la valorizzazione e coltivazione degli ulivi, i progetti di agricoltura sociale nell’ambito della “fattoria sociale e culturale”. E la strada vincente per raggiungere importanti risultati per tutto il territorio circostante è a nostro parere il coinvolgimento di privati con competenze specifiche, quali partner attivi dei progetti”.
Per Feudi di San Gregorio, da quasi 40 anni impegnata nello studio e nella valorizzazione dei vitigni autoctoni campani (tra cui le viti centenarie di Taurasi, a Sorbo Serpico), il progetto si iscrive nell’impegno volto alla valorizzazione del territorio e delle comunità locali, inserito anche nello statuto societario all’atto della trasformazione in Società Benefit (2021). “Il Parco Archeologico di Pompei è uno dei siti culturali più rilevanti al mondo e rappresenta un pilastro fondamentale dell’identità della nostra regione. Abbiamo quindi aderito a questo progetto con entusiasmo, mettendo le nostre competenze al servizio del Parco per sviluppare insieme un innovativo progetto agricolo e agronomico. Vogliamo far rivivere Pompei non solo come luogo di ricerca e conoscenza, ma anche come centro di produzione e scambio, ritornando alle sue radici storiche. Per questo, occorreranno tempo e investimenti importanti ma la cosa non ci spaventa, anzi: avere il coraggio di percorrere nuove strade, guardando questo progetto millenario con occhi nuovi, accumuna la nostra visione a quella del Parco. L’approccio scelto è fortemente culturale e non speculativo, con una visione lungimirante che guarda oltre il ritorno immediato e pensa al futuro delle generazioni a venire, assicurando un avvenire sostenibile a questo luogo straordinario. Inoltre, ci offre la possibilità di continuare a condividere con il mondo la cultura millenaria del vino”, ha concluso Antonio Capaldo, presidente di Feudi di San Gregorio (al cui gruppo, tra i più importanti d’Italia, fanno capo anche Galardi, produttore dell’iconico vino Terra di Lavoro, nel casertano, Campo alle Comete, a Bolgheri, e Sirch, nei Colli Orientali del Friuli, e che ha messo radici anche ad Ischia).
L’obiettivo è duplice: da una parte, produrre vini autentici di elevata qualità, dall’altra integrare la viticoltura con la storia e il percorso di visita del Parco Archeologico. Ma andando anche oltre il suo perimetro, poiché l’Azienda vitivinicola sarà fortemente inserita nel suo territorio, non soltanto dal punto di vista culturale e produttivo, ma anche dal punto di vista del tessuto sociale, con il coinvolgimento di realtà del c.d. Terzo Settore nelle fasi di lavorazione.
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